Cesena, abbattuta la celletta votiva con denuncia per minacce

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La celletta votiva della Madonna del Popolo fatta costruire a Bagnile da Dante Giulianini non c’è più. Ieri mattina è stata rasa al suolo, non senza proteste dell’interessato, eseguendo un’ordinanza di demolizione emessa dal Comune per abuso edilizio. La distruzione è stata voluta con forza da gran parte dei circa 20 comproprietari dell’area dove sorge, nella zona di via Del Cane Primo. Il motivo è semplice: tra una settimana sarebbero scaduti i 90 giorni entro cui bisognava ottemperare all’obbligo che era stato imposto e se non lo si fosse fatto le conseguenze sarebbero state pesanti per tutti. Innanzitutto, sarebbero scattate sanzioni da circa 4.000 euro a testa. Dopodiché sarebbe stato lo stesso Comune a organizzare direttamente l’abbattimento, rivalendosi poi delle spese affrontate con tutti i comproprietari. Inoltre, ci sarebbero complicazioni per le operazioni di successione in corso, che si sarebbero inceppate davanti al notaio per la presenza di opere dichiarate abusive. La vicenda è una di quelle molto intricate, che hanno a che fare con le tensioni che ci sono spesso dietro le questioni ereditarie. Alla morte del vecchio proprietario per il terreno finito al centro della bufera scattò la successione a 8 figli e figlie. Sono poi subentrati nuovi eredi, che hanno portato a circa 20 le persone che devono armonizzare diritti e pretese. È questo lo sfondo in cui si è arrivati ieri alla demolizione della cappella munita di immagini sacre e anche un mini-campanile. Prima sono state avvisate le forze dell’ordine, che non hanno ravvisato impedimenti all’esecuzione di quanto disposto dal Comune, visto che il provvedimento conseguente all’abuso contestato non era stato impugnato eppure dallo stesso Dante Giulianini entro i termini previsti. Lo scorso 21 giugno un primo tentativo di demolizione era stato respinto dall’82enne che ha creato quel manufatto. E dopo quell’episodio aveva sporto anche una denuncia lamentando di avere subito minacce di morte. Di sera, mentre irrigava le colture lì attorno, notò che due persone si erano avvicinate. Una era suo nipote Daniele Giuliani, un volto pubblico per il fatto che è comandante del Corpo di polizia locale dell’Unione dei Comuni della Romagna Forlivese. In quella circostanza non era però in divisa ma in abiti borghesi, perché il suo coinvolgimento nella faccenda non ha niente a che fare col suo incarico professionale (che riguarda peraltro tutt’altro territorio) ma è prettamente personale, essendo uno degli eredi. L’altro era un uomo che il proprietario della celletta non conosce, arrivato sul posto con un autocarro sul cui pianale di carico c’era una ruspa. I due - riferisce Dante Giulianini, che ha fatto mettere tutto a verbale in una querela presentata alla stazione dei carabinieri di Macerone - stavano parlando tra di loro. Quando ha chiesto a entrambi perché si trovassero lì, gli hanno risposto che dovevano demolire la cappella votiva. A quel punto, il pensionato, deciso a opporsi in ogni modo alla distruzione del manufatto che ha realizzato, li aveva invitati ad allontanarsi. Così avevano fatto, retrocedendo dal terreno dove avevano messo piede fino alla via. A quel punto, la persona sconosciuta avrebbe però detto a Daniele Giulianini una frase pesante: «Dimmi tu quando sei pronto per la demolizione, che a lui ci penso io: gli do uno schiaffo con la benna della ruspa, così ci liberiamo». Queste le parole che Dante Giulianini dice di avere sentito in modo chiaro, seguite da una risposta del nipote che, da quanto riportato nella denuncia, sarebbe stata in questi termini: «Quando ti do l’ordine di demolire, vedi se riesci a salvare i quadri e la campana». Spaventato, il proprietario della celletta ha spiegato ai carabinieri che non era stato in grado di chiedere all’istante l’intervento delle forze dell’ordine, perché aveva il telefonino scarico. Comunque la tensione si era allentata e il camionista e Daniele Giulianini si erano allontanati, ciascuno a bordo del proprio veicoli. Del primo mezzo, un autocarro, Dante Giulianini è riuscito ad annotare il numero di targa, che ha indicato nella denuncia, chiedendo di identificare chi sia il suo proprietario e se corrisponda all’uomo ce lo conduceva quel giorno. Il nipote è stato invece indicato nell’atto di denuncia come testimone dell’accaduto, con la sottolineatura che da tempo sta facendo di tutto per fare demolire la celletta.

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