Cesena, 7.000 firme per quattro leggi dal basso pro-ambiente

Oltre 7.000 firme per fare passare in Regione quattro leggi d’iniziativa popolare su temi chiave per l’ambiente: acqua, rifiuti, consumo di suolo ed energie rinnovabili. Sono state depositate a Bologna dalla Reca, la Rete per l’emergenza climatica e ambientale Emilia-Romagna, e gli ecologisti del territorio di Forlì-Cesena hanno portato il loro prezioso mattoncino, raccogliendo in zona circa 650 di quelle adesioni. Ora il Tavolo delle associazioni ambientaliste, forte del superamento in solo tre mesi delle 5.000 firme minime necessarie per discutere le leggi proposte “dal basso” in Assemblea regionale, incalza la giunta Bonaccini. Fa notare che questa massiccia mobilitazione dei cittadini è «un chiaro segnale della necessità di modificare nel profondo le politiche regionali, improntate a logiche incentrate sulla crescita quantitativa del Pil e prigioniere di un’impostazione produttivistica. La Regione deve tenere conto della volontà dei cittadini e modificare le sue linee strategiche relativamente ai temi proposti». Perciò viene chiesto che «le quattro proposte di legge vengano assegnate celermente alle commissioni competenti, in modo tale che al più presto vegano approvate».

Poi il Tavolo riepiloga il succo della sua lotta: «Di fronte a un quadro di estese privatizzazioni, come la proroga degli affidamenti del servizio idrico al 2027, con la proposta di legge sull’acqua si sposta l’accento sul decentramento territoriale e la gestione pubblica. I progetti di legge su rifiuti e energia mettono in discussione direttamente i rispettivi Piani approvati dalla Regione, già ampiamente criticati negli scorsi mesi per le loro gravi lacune, e individuano una prospettiva alternativa alla prosecuzione dell’utilizzo degli inceneritori per andare verso una economia circolare, di cui l’amministrazione regionale si riempie solo la bocca ma che di fatto non attua. Infine, con la legge sul consumo di suolo, si sottolinea l’importanza, nella terza regione italiana per suolo consumato, delle pratiche di riuso degli spazi e di rigenerazione urbana, con un censimento approfondito delle aree urbanizzate inutilizzate, e la necessità di abbandonare progetti anacronistici legati alla mobilità su gomma».

Dietro quelle 7.000 e passa firme raccolte così velocemente viene visto un segnale che «la cittadinanza vuole partecipare attivamente al processo di tutela e condivisione dei beni comuni». Una sensibilità cresciuta soprattutto a seguito della crisi climatica, che ha spinto sempre più i cittadini a «impegnarsi attivamente per affrontare i problemi causati dall’attuale modello di sviluppo e a promuovere una società che sia davvero sostenibile». Il messaggio è forte e chiaro: «In accordo con gli scienziati dell’Intergovernmental Panel Climate Change e coi movimenti ambientali di tutto il mondo, gli amministratori devono capire la necessità di un radicale cambiamento che coinvolga i modi di produzione industriale e agricola, i modelli di consumo, i trasporti e l’approvvigionamento energetico. Non si può ignorare il fatto che le possibili soluzioni alternative già esistenti vengano scartate a favore di un modello industriale fossile che – concludono gli ecologisti – a difesa degli interessi capitalistici di pochi grandi gruppi, sta rimandando sine die la necessaria transizione ecologica e il nostro futuro economico».

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