Cesena, 120 docenti dei licei bocciano la novità dei "super prof"

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Un folto gruppo di insegnanti dei tre licei cesenati dice no all’introduzione a scuola di un nuovo sistema che a partire dalla stagione 2023-2024 darà vita a una specie do “super docenti” con paghe più alte dei colleghi. Sono state raccolte 120 firme contrarie: 44 al Classico “Monti”, 41 al Linguistico “Alpi” e 35 allo Scientifico “Righi”. La mobilitazione è destinata a crescere, perché si stanno raccogliendo adesioni in altri istituti superiori della città. Nel mirino c’è la Legge 79/22 , nella parte dedicata a quello definito “docente stabilmente incentivato”. Non piace la logica di una differenziazione di tipo premiale all’interno della classe docente, fatta sulla base di criteri giudicati discutibili. I firmatari hanno voluto criticare questo modello di scuola in cui il provvedimento si inquadra e in cui non si riconoscono. E anche se la petizione è stata lanciata prima dell’insediamento del nuovo governo, la nuova denominazione attribuita al Ministero dell’Istruzione, con l’aggiunta della parola “merito”, accresce la preoccupazione per una “filosofia” dell’istruzione che non viene condivisa da tanti educatori.

In sintesi, la nuova legge prevede che i docenti che vorranno aumentare il proprio stipendio al di là degli scatti di anzianità avranno la possibilità di intraprendere un percorso di aggiornamento triennale, reiterabile fino a due volte. Al termine dei primi due anni, superata una prova di valutazione, i vincitori riceveranno una retribuzione una tantum, dal 10% al 20% dello stipendio. Al termine del terzo, avranno un assegno annuale di 5.650 euro lordi aggiuntivi allo stipendio, pari a circa 400 euro al mese, diventando così docenti “stabilmente incentivati”. Dal 2032-2033, per 4 anni gli incentivati potranno essere solo 8.000 all’anno, che significa in media uno per scuola. Uno degli aspetti indigesti ai firmatari è il fatto che «questo nuovo percorso formativo sarà finanziato non con stanziamenti di fondi ad hoc, ma con il taglio della “carta del docente” e di quasi 11.300 cattedre». Inoltre il Def approvato lo scorso aprile prevede che «la spesa per l’istruzione calerà dal 4% al 3,5% del Pil nel 2025».

Il giudizio negativo dei docenti ribelli poggia su varie motivazioni. Sostengono che «col pretesto di introdurre una forma di carrierismo nella professione docente che prescinda dall’anzianità, di fatto si premiano pochi a danno di tutti. In primo luogo con l’eliminazione della “carta docente”, l’unico incentivo di reale valore ricevuto dalla nostra categoria negli ultimi anni. In secondo luogo, dare per scontato che i docenti “bravi” siano così pochi, cioè non più di uno per scuola, non fa che avvilire la professionalità della classe docente. Incentivare pochi togliendo a molti non significa premiare il merito: significa introdurre un fattore discriminante all’interno di una comunità, quella educante, che si nutre di collegialità e collaborazione. Il taglio di 11.300 cattedre denuncia la non volontà di affrontare il problema del sovrannumero di allievi nelle classi, che è uno dei principali ostacoli all’efficacia delle attività didattiche. I criteri con i quali dovrebbe essere erogata e poi valutata la formazione “stabilmente incentivante” afferiscono ad attività esterne rispetto a quelle svolte in classe. Ci chiediamo: davvero frequentare un percorso di formazione è un parametro adeguato per misurare la competenza di un docente?».

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