Cervia, violenta la vicina con la droga dello stupro: condannato

Cervia

Il titolare del motel l’aveva vista entrare tenuta in braccio, come svenuta. Il ragazzo che si spacciava per il suo fidanzato, aveva detto che era ubriaca, prima di portarla in camera da letto, da dove, qualche minuto più tardi dalla hall dell’albergo avevano sentito provenire un grido. Quel che accadde all’interno di quella stanza, nel corso dell’edizione della Notte Rosa di tre anni fa, fu la stessa ragazza a denunciarlo il giorno dopo, recandosi al pronto soccorso dicendo di essere stata violentata. E quando anche i carabinieri vennero informati, cercò di ricomporre i frammenti della memoria per descrivere i luoghi frequentati quella sera prima del black out mentale, un vuoto provocato con buona probabilità dalla cosiddetta droga dello stupro. La ricostruzione processuale dei fatti avvenuti la notte tra il 7 e l’8 luglio del 2018 ha portato ieri mattina alla condanna di Roman Lapka, 31enne di origini ucraine. Il collegio penale presieduto dal giudice Cecilia Calandra (a latere Federica Lipovscek e Cristiano Coiro) ha stabilito una pena di 6 anni e mezzo, la stessa chiesta dal procuratore capo Daniele Barberini.

Erano vicini di casa

Vittima e imputato si conoscevano. Lei faceva la barista in un locale a Cervia, lui era arrivato dal paese d’origine per un periodo di permanenza in Romagna e l’aveva riconosciuta, in quanto le rispettive famiglie vivevano vicine. Avevano iniziato a frequentarsi: ma quella che la ragazza ha descritto una semplice amicizia, veniva pubblicizzata dal 31enne come una vera e propria relazione sentimentale, dichiarata pare anche di fronte alle forze dell’ordine in una passata circostanza. Sta di fatto che la notte del 7 luglio 2018 avevano deciso di uscire insieme.

Il vuoto di memoria

Sono stati i carabinieri, dopo la denuncia, a risalire ai luoghi frequentati dai due. Impresa non semplice, considerato l’amnesia della vittima. Aveva inizialmente detto di essere stata abusata in una nota discoteca, descrivendo tuttavia luoghi del tutto incompatibili con il locale da ballo. Quel vuoto, che secondo la difesa dell’imputato – rappresentato dall’avvocato Eleonora Sgro – poteva essere letto come dimostrazione dell’inaffidabilità della parte offesa, per il legale della ragazza (l’avvocato Lelli Mami) sarebbe stato provocato dalla somministrazione di sostanze stupefacenti. Non una bevuta di troppo o un banale spinello che la giovane ricorda di avere accettato dal connazionale. L’esame tossicologico affidato al dottor Matteo Ponti ha certificato che a causare una tale perdita di conoscenza potrebbe essere stato un uso smodato di cannabinoidi oppure la somministrazione di sostanze sintetiche. Come appunto la “droga dello stupro”, capace di portare a una transitoria perdita della capacità di intendere e volere. La memoria è poi tornata piano piano sui minuti trascorsi nella stanza del motel in balia del 31enne: le avrebbe rotto il telefonino, prendendola per il collo e approfittando di lei. E a quel punto, avuta conferma anche dagli addetti dell’hotel, a nulla è servito al ragazzo chiedere scusa dopo avere incessantemente tentato di contattare la madre della vittima. Per lei, il collegio giudicante ha anche disposto un risarcimento di 15mila euro più il pagamento delle spese legali.

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