Cervia, molestie a studentesse: assolto il prof riminese

Cervia

Voci rimbalzate tra studenti e studentesse, un passaparola da cui sarebbe scaturita l’accusa infamante di violenza sessuale, senza che però ci fossero prove per assicurare la colpevolezza del professore di Rimini, che infatti lo scorso marzo è stato assolto, «perché il fatto non sussiste», dal collegio penale presieduto dalla giudice Cecilia Calandra (a latere i giudici Federica Lipovscek e Cristiano Coiro) come richiesto dai suoi avvocati difensori Ermanno Cicognani e Maurizio Taroni.

Oggi dalle motivazioni di quella sentenza, appena pubblicate, emerge il quadro di una teoria accusatoria fondata principalmente sulle «dichiarazioni delle persone offese», in tutto nove studentesse dell’istituto Alberghiero di Cervia: dichiarazioni che, però, nel corso del processo sono state talvolta smentite da altri testimoni, o parzialmente ritrattate dalle stesse interessate, con «plurimi profili di contraddizione e di genericità», tanto che il quadro probatorio raccolto «non consente di ritenere provata al di là di ogni ragionevole dubbio la responsabilità dell’imputato».

Particolare attenzione viene riservata alla deposizione di una consulente della difesa, una psicologa e psicoterapeuta, che nel corso del dibattimento aveva illustrato le dinamiche presenti all’interno dei gruppi umani e «descritto anche i possibili effetti suggestivi, con inevitabile colorazione enfatica degli accadimenti» che possono presentarsi all’interno di una classe scolastica, determinando un «contagio» di «dichiarazioni a reticolo» che, «anche inconsapevolmente, possono non essere corrispondenti a realtà».

Questo è quello che si ritiene sia successo all’interno della classe dove insegnava il professore, accusato da diverse studentesse di averle palpeggiate e importunate: una versione che il Tribunale non ritiene affatto «imbastita» in maniera «artificiosa», ma che tuttavia «lascia trasparire una forte componente di suggestione».

Quanto alle altre classi dell’istituto, la somma delle dichiarazioni rese da studenti, insegnanti e dirigenti restituisce una immagine «contrapposta a quella che emerge dalle sole persone offese, recidendo alla radice persino la circostanza relativa alle voci che circolavano» nella scuola intorno al docente. Insomma, nella classe in cui insegnava il professore, si sarebbe scatenato «un meccanismo di amplificazione», un «effetto di suggestione progressiva che ha portato a una interpretazione che vedeva in ogni gesto qualcosa di afferente alla sfera sessuale».

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