Cervia, animazione "in nero" in bagni e hotel

Per anni hanno guadagnato grazie a decine di collaborazioni con le strutture ricettive della Riviera, costruendo un fiorente business sul settore dell’intrattenimento per i bambini. Tuttavia di 33 animatori, 13 dei quali minorenni, nessuno era in regola. Alcuni pensavano di avere firmato contratti risultati in realtà falsi, altri invece, a fine stagione nemmeno ricevevano quanto pattuito. Alla fine, “Baby park” è diventato il nome dell’inchiesta condotta dai finanzieri della Tenenza di Cervia, che ha portato alla denuncia di una 45enne cervese originaria di Cesenatico, titolare di una società che si occupava dell’organizzazione di eventi.

L’inizio dell’indagine

A dare il via all’indagine, la scorsa estate, è stato un accertamento in uno stabilimento balneare cervese, dove era stata individuata una giovane animatrice neo maggiorenne. Sentita dagli inquirenti, aveva riferito di essere stata regolarmente assunta. Eppure, dal controllo successivo, era emerso che il datore di lavoro non aveva dato la comunicazione obbligatoria relativa all’assunzione, risultata completamente in nero.

Da quel primo controllo le indagini si sono estese all’intera operatività dell’impresa: la forza lavoro reclutata tramite annunci via social network, era principalmente composta da giovani, alla prima esperienza lavorativa, facili da convincere con contratti di lavoro simulati e dunque mai regolarizzati tramite gli enti previdenziali. Alcuni di loro non venivano nemmeno retribuiti a fine stagione.

Servizio anche a Natale

Era la stessa imprenditrice a promuovere il servizio di baby park e animazione, organizzando poi i turni via whatsapp: 91 in tutto le strutture alle quali inviava i propri ragazzi e ragazze. E non solo d’estate: per Natale la domanda tornava e l’offerta si tramutava in figuranti mascherati da elfi e Babbo Natale. Pare anche ci sia stata anche una collaborazione con la locale proloco.

Giro d’affari da 200mila euro

Durante l’accertamento le Fiamme gialle hanno dovuto anche prendere atto della mancanza totale di qualsiasi documentazione contabile e fiscale, evidentemente occultata dalla titolare, riuscendo comunque a ricostruire, almeno parzialmente, il volume d’affari.

Risultata evasore totale, l’azienda non avrebbe dichiarato ricavi per almeno 200mila euro nel triennio tra il 2015 e il 2018, per i quali ora provvederà l’Agenzia delle Entrate. Al termine delle indagini, in parte condotte in collaborazione con funzionari dell’Ispettorato del Lavoro di Ravenna, è stata elevata una maxi sanzione da 300mila euro.

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