Celso Miselli e la nuova pittura in Romagna

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NEL VENTENNALE DELLA MORTE

RIMINI. Celso Miselli (Bologna 1908 – Rimini 2000), del quale cade quest’anno il ventennale della morte, è uno dei principali artefici della nuova pittura in Romagna nella seconda metà del Novecento. Con l’amico e collega Giuseppe Piombini, in un ambiente provinciale strettamente legato alla “buona” pittura di figura, procede controcorrente, sincero e appassionato, praticando la meno o per nulla apprezzata pittura informale. La mostra I due del grattacielo curata da Annamaria Bernucci nel Museo della Città di Rimini alla fine del 2015, racconta la loro epopea traendo spunto dallo studio condiviso dal 1960 al 1971 al 25° piano del grattacielo di Rimini.
Miselli si trasferisce da Bologna a Rimini a metà degli anni Trenta dopo un’incostante frequenza accademica. All’inizio degli anni Quaranta si interessa con successo di fotografia, mentre alla pittura comincia a dedicarsi in maniera continuativa durante la permanenza a Cittanova in provincia di Modena dove è sfollato durante il conflitto bellico, alla fine del quale rientra a Rimini.
Vivace, socievole e pieno di iniziative, nel 1946 propone ai colleghi di riunirsi nel sindacato dei pittori riminesi e ne organizza una esposizione collettiva in città. In questo periodo il monotipo, la tecnica relativamente semplice che permette di realizzare ampie campiture di colore, di sovrapporre segni e tinte e di intervenire per perfezionare il prodotto finale, diventa frequente nel suo registro espressivo come in quello di Piombini, di Armido Della Bartola e, occasionalmente di altri pittori romagnoli quali Demos Bonini, Maceo Casadei, Giovanni Sesto Menghi, Giulio Turci e tanti altri. A partire dal 1948 espone alle Interprovinciali d’arte di Cesena e Ravenna, alle Biennali di Forlì, Imola e Verona, al Premio Suzzara, alle “collettive” di Reggio Emilia, Bologna, Ravenna e alla “Biennale del mare” di Rimini del 1953. Nell’edizione del 1959 del Premio Morgan’s Paint a Rimini ottiene il premio-acquisto dell’Associazione Commercianti locale e, nello stesso anno, viene premiato al Premio Michetti di Francavilla Mare e al Premio Repubblica di San Marino.
Con Piombini e Gerardo Filiberto Dasi, presentati da Carlo Munari, espone nel 1960 a Ivrea, con Menghi a Zurigo nel 1963 e nel 1965 partecipa alla IX Quadriennale di Roma.
La sua pittura nel primo dopoguerra rivela una totale adesione al neorealismo con importanti componenti espressionistiche molto personali: il segno robusto e marcato, i volumi enfatizzati, i colori densi e fortemente contrastati tra loro. Nascono così i lavoratori del mare, le figure femminili, le nature morte e principalmente i paesaggi urbani. La città, meta negli anni Cinquanta e Sessanta della migrazione interna di oltre 10 milioni di persone, l’evento epocale che pone fine al mondo contadino e povero, trasformando l’Italia in una nazione moderna e industriale, Miselli la dipinge nei suoi vari aspetti strutturali priva di presenze umane. Dal paesaggio urbano del 1955 essa si trasforma progressivamente da contenitore vuoto, privo di elementi vitali, in una entità astratta fatta del fermento di segni, forme e colori che realizzano “La città informale” del 1959: l’apparente fine definitiva della sua partecipazione al movimento figurativo. Invece riaffronta il tema nel 1996 quando, ormai anziano, ritorna alle origini con un ruggente acquerello “urbano”.

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