Si definiscono i contorni dell’eclatante strappo fatto dal collegio sindacale del Credito Cooperativo Romagnolo, con le dimissioni in blocco, e spunta anche una segnalazione fatta dai suoi membri alla Banca d’Italia. La serie di incontri di chiarimento organizzati dai vertici della banca prima dell’assemblea del 5 maggio (in cui ci saranno da votare il bilancio e rinnovare le cariche, non in presenza ma col sistema del rappresentante designato a cui consegnare tutte le deleghe) sta delineando un quadro pieno di sfaccettature.
Ok dei sindaci con tre “ma”
L’organo di controllo che ha rassegnato le dimissioni il 9 febbraio, ma è rimasto a svolgere le proprie funzioni in regime di prorogatio, ha espresso un parere favorevole all’approvazione del bilancio d’esercizio 2021 di Ccr. È un particolare non da poco, che conferma la tesi ribadita più volte dal presidente Valter Baraghini e dal direttore Giancarlo Petrini che l’istituto di credito cooperativo resta solido. Al tempo stesso, il collegio sindacale nella sua relazione ha evidenziato che dalle verifiche fatte sono comunque emerse tre criticità. Riguardano l’equilibrato e corretto bilanciamento dei ruoli tra gli organi e le funzioni aziendali; il sistema dei controlli interni; il processo decisionale nella concessione di crediti. Su questi tre aspetti sono state intraviste carenze che hanno fatto scattare una segnalazione alla Banca d’Italia. Il direttore Petrini getta però acqua sul fuoco, sostenendo che una volta decise le dimissioni era «un atto dovuto».
I conti
Gli incontri pre-assemblea in corso coi soci stanno permettendo di approfondire anche altri aspetti. Quello che sta più a cuore a chi regge le redini della banca è la salute dei conti. Nella proposta di bilancio l’utile è di 311.000 euro. Un risultato deludente, se si tiene conto che sottraendo le imposte sul reddito la cifra diventa negativa per quasi 160.000 euro. Ma Petrini sottolinea che quei numeri sono figli di «un incremento degli accantonamenti prudenziali», cioè non obbligatori per fare quadrare il cerchio ma fatti anche a seguito di raccomandazioni della capogruppo Iccrea, «per una somma di circa 5 milioni di euro». Questo ha appesantito il risultato finale, ma è al tempo stesso un’ulteriore garanzia sul fatto che non ci sono troppi crediti deteriorati da temere. E alla fine – dice il direttore – «è l’elemento di soddisfazione maggiore, assieme alla marginalità operativa elevata, che sta emergendo nelle riunioni coi soci».
Malumori per i compensi
Ci sono comunque altri punti che hanno catturato l’attenzione dei soci. Uno è relativo ai compensi. I timonieri della banca propongono di ritoccare dagli attuali 180 euro a futuri 220 euro il gettone di presenza percepito per ogni riunione del cda dal presidente e dal vice (che già guadagnano rispettivamente 50.000 e 25.000 euro annui) e da tutti i consiglieri. Prospettati aumenti, questa volta della quota fissa, anche per i sindaci: il presidente passerebbe da 18.000 a 25.000 euro, gli altri componenti del collegio da 12.000 a 15.000 (cifre a cui anche nel loro caso si aggiungerebbero gettoni di presenza di 220 euro “a botta”). Questa crescita degli emolumenti non piace a molti soci, tenuto conto del momento di difficoltà generale in cui tanti sono chiamati a fare sacrifici. Tra l’altro, c’è chi fa notare che per la “sala di comando” di Ccr si spende già parecchio: circa 300.000 euro per il direttore, che diventano 789.000 totali se si aggiungono i suoi tre vice. «Per sole quattro persone si tratta di una somma non da poco – osservano alcuni soci – se paragonata ai circa 13,2 milioni complessivi di spesa per l’intero personale, che conta 185 dipendenti».