Cattolica, non fu omicidio colposo: camionista assolto dopo oltre 10 anni

Cattolica

«Il fatto non costituisce reato». La Corte di Cassazione annulla la condanna per omicidio colposo di Giuseppe Fabbri, 76 anni, della provincia di Rimini, alla guida del camion che sbandò a causa della velocità e della strada ghiacciata, abbatté una parte del guardrail e provocò un incidente sul viadotto del Furlo della via Flaminia alle cinque del mattino del 20 dicembre del 2011. Il camion occupò tutta la carreggiata e nel giro di qualche minuto venne centrato a sua volta da due furgoncini. Su uno di questi si trovava il 44enne Gianluca Mugnolo, che scese dal mezzo insieme ai suoi compagni di viaggio. La zona era poco illuminata, Mugnolo non si accorse di essere sul ciglio del viadotto e precipitò per oltre 20 metri. Trasportato nel reparto di Rianimazione dell’ospedale di Pesaro, morì a causa di una grave emorragia cerebrale poco dopo la mezzanotte del 23 dicembre. Secondo il pubblico ministero ci sarebbe stato un nesso di causalità tra la condotta, giudicata negligente per la velocità eccessiva visto il ghiaccio - nonostante non stesse viaggiando oltre i limiti – e la morte del 44enne.

Le osservazioni

A distanza di dieci anni c’è però stata una svolta per il camionista di Cattolica che era stato condannato in primo e secondo grado. Determinante, secondo la Suprema Corte, è l’impossibilità di collegare l’incidente e la caduta secondo un rapporto diretto di causa-effetto: «Le emergenze processuali offrono un quadro che non consente in alcun modo di ritenere che l'incidente occorso al Mignolo sia dipendente dalla condotta dell'imputato». Nonostante la velocità del mezzo, che ne causò lo sbandamento sulla strada dal fondo ghiacciato, «la caduta nel precipizio si appalesa del tutto indipendente da questo accadimento – si legge nella sentenza della Corte di Cassazione –, ponendosi al di fuori delle normali linee di sviluppo delle serie causale attribuibile alla condotta dell’agente e venendo a costituire un fattore eccezionale ed imprevedibile». In questo quadro, «il primo incidente rappresenta soltanto l’occasione per lo svilupparsi di un altro, separato e diverso, processo causale dell’evento – aggiunge –, unicamente attribuibile al personale, volontario, comportamento di auto esposizione al pericolo da parte del povero Mugnolo». Insomma, «va esclusa la responsabilità per colpa se l’evento non rientra nello spettro cautelare di quelli per evitare i quali è stata posta la regola violata (il Codice della strada, ndr) – conclude la Suprema Corte –, anche se l’evento è causalmente collegato alla condotta (la velocità del camion, ndr)».

«Pericolo percepibile»

Nella sentenza della Corte di Appello di Ancona citata dalla Corte di Cassazione, fra l’altro, si legge che «lo stesso Mugnolo, verosimilmente spinto dalla curiosità di vedere da vicino la motrice sospesa, si sia imprudentemente avvicinato ad un precipizio la cui presenza nelle adiacenze e la cui mancata protezione per effetto dell’avvenuta rottura del guardrail era anche da lui percepibile». Una condotta che, comparata a quelle degli altri occupanti del pulmino e considerati gli avvertimenti ricevuti dalla moglie, aveva portato la Corte distrettuale a valutare un concorso di colpa della vittima.

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