Cattolica, i nuovi mostri di Borghesi all'Arena della Regina

Questa sera con inizio alle 21.15 ultimo appuntamento della stagione al Salone Snaporaz di Cattolica: in scena “Gli altri. Indagine sui nuovissimi mostri” di Kepler-452.

«Chi sono gli altri? – si domanda la compagnia Kepler-452 –. Noi teatranti dedichiamo molte energie a raccontare quella che ci pare una verità evidente: che coloro che tipicamente sono percepiti come altri (stranieri, senzatetto, persone Lgbtq+) non devono essere considerati una minaccia. E che collocare le diversità in facili categorie è tossico e pericoloso. Nel frattempo, tuttavia, va consolidandosi intorno a noi un’altra specie di altri. La parola con cui ci siamo abituati a chiamarli ha il sapore di un mestiere: gli hater. Odiatori di professione. Tutti li abbiamo presenti, anche se forse non fanno parte della nostra bolla. I loro profili hanno un aspetto straniante: persone comuni che, tra foto di vacanze e di animali, alimentano roghi virtuali».

Da dove è partita questa indagine?

«Come spesso accade le fonti sono poche, ma parto per lo più da mie ossessioni – spiega Nicola Borghesi, unico attore in scena che ha curato anche drammaturgia e regia insieme a Riccardo Tabilio – . Quando questa ossessione persiste capisco che c’è un’attenzione attorno e quindi la questione deve essere indagata. È successo quando mi sono accorto che andavo a scovare appositamente alcuni post per leggere sotto tutti i commenti cattivi».

Chi sono quindi i nuovissimi mostri?

«Sono vari e volendo in mezzo ci posso essere anch’io o tutti noi – continua Borghesi –. È una possibilità di noi. Spesso sono persone che hanno la nostra stessa rabbia, ma per via di un percorso diverso (per classe, istruzione, marginalità geografica) sono portati a incanalarla in questo modo».

I social hanno fatto aumentare tale fenomeno?

«La mia impressione è che internet non abbia inventato un grammo di rabbia. La gente è già arrabbiata perché povera o fa una vita che non le piace. I social hanno canalizzato l’odio e lo hanno reso visibile, ma in realtà il fatto che si veda il sintomo lo rende meno pericoloso di quando resta a covare finché è troppo tardi per curarlo. Anche la guerra è orribile ma è meglio vederla per comprenderne la ferocia. L’odio in sé non è un brutto sentimento e anche la rabbia attraverso le rivoluzioni è servita a farci avere una società migliore. Bisogna però farci delle domande e capire cosa serve per rispondere a questa rabbia».

In che modo tutto questo viene portato in scena?

«La nostra indagine si propone di contattarli e di tentare un dialogo all’apparenza impossibile. In un reportage teatrale che è anche una performance video-acustica condotta dal vivo e online racconteremo quest’impresa e i suoi esiti, per spingerci oltre il giusto sgomento: là dove anche la follia del razzismo e del fascismo possono essere ascoltate, col coraggio del confronto e senza rinunciare alle proprie idee».

Di recente ha commentato la vicenda che ha visto protagonista il suo amico e collega Paolo Nori che avrebbe dovuto tenere un corso su Dostoevskij all’Università Bicocca di Milano: prima sospeso, poi ripristinato a patto che si parlasse anche di autori ucraini, ma a quel punto lo scrittore ha rinunciato. Cosa pensa di questa situazione?

«Non si può pensare che tutti i russi siano d’accordo con Putin e queste situazioni controverse gli hanno dato assist di propaganda formidabili. La cultura serve per capirsi e la guerra si fa quando non ci si capisce. Io mi occupo di teatro e il fatto che un mio collega a causa delle sue origini non possa fare il proprio mestiere credo sia una cosa pericolosissima. L’apertura è fondamentale e lo dimostro anche in questo spettacolo il cui obiettivo non è giustificare ma porsi delle domande».

L’ultimo appuntamento della stagione sarà martedì 12 aprile al Teatro della Regina con lo spettacolo “Il berretto a sonagli” di e con Gabriele Lavia.

Info: www.teatrodellaregina.it

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