Caterina Sforza, donna di potere dalla guerra alla cosmetica

Uno psicologo prestato alla ricerca storica, Pierluigi Moressa: dal 2006 pubblica libri e guide e biografie come quella del sismologo Raffele Bendandi. Ma c’è una nota che ricorre nei suoi interessi ed è la curiosità appassionata per un personaggio femminile, la signora di Forlì e di Imola, figura pubblica e misteriosa allo stesso tempo su cui Moressa ha indagato nel 2009 con “Caterina Sforza: il mistero della bellezza” e con “Gli alberi del paradiso. Amore e potere alla corte di Caterina Sforza”. Ora poi è appena stato pubblicato Caterina Sforza: potere e bellezza nel Rinascimento.

«Passione per l’arte e la storia, e passione per la psicoanalisi – racconta Moressa – sono molto vicine: entrambe si rivolgono a comprendere l’uomo, con strumenti simili anche se per strade diverse attraverso il terreno che scienza e umanesimo possiedono in comune».

A Caterina però lei ha rivolto un’attenzione particolare.

«Attraverso lei mi sono immedesimato in un’altra epoca, mi sono immerso negli umori di un mondo, quello fra Quattro e Cinquecento, in cui le decisioni venivano prese con sapienza».

E Caterina lo rappresenta.

«Sì, ma in lei c’è anche una duttilità tutta femminile nel porsi a confronto con i potenti. La dimostra con Niccolò Machiavelli che nel luglio 1499 le si era presentato con richieste precise da parte di Firenze. Lei lo tenne sulla corda per settimane fino a farlo spazientire, ma se lo giostrò in modo tale che riuscì a ottenere notevoli vantaggi: fu proprio a Firenze infatti che fece rifugiare i figli più piccoli quando Cesare Borgia scese in Romagna. Caterina si mostrò degna erede della diplomazia astuta del padre Galeazzo, sempre unita comunque alla forza nelle armi: il marchio degli Sforza…».

Eppure ci sono altre signore illustri nel Rinascimento.

«È vero, penso a Isabella d’Este alla corte di Mantova o alla regina di Cipro, Caterina Corner: si tratta di donne che esercitano una loro influenza, ma soprattutto in campo artistico e culturale. Caterina invece si destreggia nel comando, e lo fa con grande inflessibilità. In questo ebbe una identificazione forte con il padre, interrotta presto dalla morte di lui e dal matrimonio con Girolamo Riario: ma lei, ragazzina, fiutò da questa concomitanza la possibilità di emulare il padre, anche perché Riario, debole e ipocondriaco, le lasciava spesso in mano le redini del potere».

Cosa successe dopo la morte del padre?

«Quando fu ucciso, lei prese la reggenza per il figlio Ottaviano, e fece di tutto per essere, di fatto, la sovrana. La sua sensualità la portò a sposarsi ancora, ma i due mariti sostanzialmente le fecero da consiglieri. Solo per Jacopo Feo perse la sua lucidità, ma quando per la sua protervia lui fu ucciso in una congiura, la reazione di Caterina si dimostrò spietata e violenta, certo, ma fu soprattutto un modo per riaffermare la sua potenza».

Caterina è anche nota per le sue ricette cosmetiche.

«In questo è modernissima, si occupa infatti di bellezza ma anche di igiene, di come presentarsi in un certo modo curando i denti e l’alito, o come rendere le “tecte cioè poppe dure et distendere la pelle”. Dà una serie di indicazioni rivolte anche alle donne del popolo, per esempio il guscio d’uovo o il sale bollito in acqua di fiume per schiarire la pelle scurita dal lavoro nei campi. E non mancano neppure i mezzi per stimolare la potenza maschile, o simulare la verginità, né l’attenzione ai rimedi per la peste e per la sua prevenzione. In una parola, c’è un pensiero attento dietro questa cura per l’estetica che si rivela uno dei molti “instrumenta regni” di Caterina come lo è del resto il controllo capillare dell’informazione».

Molto attuale.

«E che ha fatto nascere il detto “fare lo smarì ad Catarnô”: le sue spie si fingevano “smarrite”, ma in realtà si informavano sui possibili traditori… peggio del controllo informatico di oggi!».

Forse tutto questo spiega la ripresa di interesse verso di lei.

«Ogni città ha il suo genius loci, Forlì invece patisce una sorta di anonimato della personalità storica che molto probabilmente deriva dalla damnatio mussoliniana. Non è che non ci si ricordasse di Caterina, era appunto citata anche nei motti, ma sempre con una certa diffidenza. Ora però si è tornati a guardarla come un personaggio di pregio, signora di territori strategici nel quadro rinascimentale. È vero, a Forlì dominano anche gli Ordelaffi, una famiglia su cui però esistono molte ombre, quindi Caterina finisce per essere l’unica figura forlivese che entra da protagonista nella grande storia, con un ruolo di primo piano nelle più importanti vicende e alleanze del suo tempo».

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui