Carola è capitana, Sara Gama capitano

Carola Rackete. Non entro nel merito della vicenda dei migranti a bordo della Sea Watch. Piuttosto voglio soffermarmi sugli aspetti linguistici. E naturalmente sul tema che mi sta particolarmente a cuore: l'uso del termine al femminile nelle professioni. Da giorni sentiamo parlare di Carola come della “Capitana” della Sea Watch. Certo, perchè fa gioco metterla in contrapposizione con il Capitano per eccellenza, Matteo Salvini; ma non fa niente, l'importante è che se ne parli. E che anche il termine capitana entri sempre più nel linguaggio di tutti. Ma non è facile.

Analizziamo ad esempio i maggiori quotidiani nazionali di ieri. Il Corriere della sera, all’interno dello stesso articolo, passa con disinvoltura da “il” comandante a “la” comandante, salvo definirla “la capitana” nel richiamo in prima pagina. Per Repubblica è sempre “la Capitana”, con la C maiuscola, chiaramente per la contrapposizione con Salvini. La Stampa naviga su “la” comandante, salvo virgolettare il termine “Capitana” (C maiuscola) all’interno di un servizio. L’austero Sole 24 ore senza enfasi o virgolette alterna con disinvoltura la comandante e la capitana.
Intanto su Wikipedia (la più conosciuta enciclopedia on line) e in molti bar sport Sara Gama continua a essere senza ombra di dubbio “il capitano” della nazionale femminile di calcio. Pazienza. Ma siccome di Carola Rackete si parlerà sicuramente ancora per un po’, la speranza è che si diffonda sempre più la convinzione che se una donna comanda qualche cosa è giusto chiamarla “capitana”, in qualsiasi campo eserciti il suo comando.

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