Camilleri “romagnolo”: gli incontri con Paolo Olmi e Carlo Lucarelli

ROMA. Il mondo della cultura italiano e internazionale piange la morte di Andrea Camilleri. Il grande scrittore siciliano ebbe contatti e occasioni di lavoro anche con la Romagna e i romagnoli.
Paolo Olmi e la Mariani
Per esempio quando, nel 2001, l’associazione musicale ravennate Angelo Mariani cercava nuove ispirazioni per il suo appuntamento annuale del Concerto di Carnevale. E l’idea si materializzò quando il maestro Paolo Olmi, allora tra i consiglieri dell’associazione, ebbe la fortuna di incontrare Andrea Camilleri in treno. Gli propose allora una collaborazione per dar vita a un’opera che avesse come testo una favola del maestro che sarebbe potuta essere recitata da un volto noto delle scene italiane su musiche di un compositore contemporaneo, ed eseguita a Ravenna in prima mondiale. Nacque così “La magarìa”, favola di Camilleri musicata da Marco Betta e con la voce recitante di Pino Caruso, andata in scena il 27 febbraio 2001 al teatro Alighieri all’interno della stagione “Ravenna musica”, eseguita dall’ensemble Mariani diretto nell’occasione da Bruno Aprea.
Che dire dell’opera? Nella storia della piccola Lullina e del nonno gli elementi fiabeschi sono rispettati: il segreto, l’incantesimo, l’apparizione in sogno, il personaggio “altro” (il nano), le sette parole della formula magica, la sparizione. Manca solo il lieto fine: di fronte alla “magia” della scomparsa tutti scopriamo di aver dimenticato di chiedere quali siano le parole per tornare indietro, per la “ricomparsa”. E la musica, che non si sovrappone alle parole, dopo aver seguito “come un’ombra” le fasi del racconto evocandone le immagini attraverso una trama melodica struggente e fluidi spessori orchestrali (dalle morbide sonorità iniziali alla tristezza cruda del de profundis), si chiude richiamando gli accordi forti dell’incantesimo, della scomparsa.
Lo stesso compositore Marco Betta ebbe a dire: «I protagonisti sono rappresentati dagli strumenti dell’orchestra, Lullina è il violino, il nonno è il violoncello e così via. Da queste sensazioni è nata la musica, una piccola opera musicale che accompagna la fiaba di Andrea Camilleri. Un testo parallelo come un’ombra sonora nell’anima della narrazione».


Camilleri e Lucarelli
Nel 2010, la Romagna torna in contatto con Camilleri in veste di soggetto ovvero come spunto per il libro scritto dal maestro siciliano a quattro mani con il “nostro” Carlo Lucarelli, dal titolo “Acqua in bocca” ed edito da Minimum Fax. I due giallisti vennero messi a confronto in un documentario televisivo e 5 anni dopo produssero un libro che assomiglia più a un fascicolo giudiziario che a una fiction letteraria. I due trovarono un modo singolare di unire le loro firme sotto un testo: scriversi lettere, inviarsi idee e contro-idee per realizzare questo piccolo, ma significativo progetto. Ma il modo di realizzarlo diventò poi il libro stesso: è fatto di lettere spedite da Salvo Montalbano a Grazia Negro (i due poliziotti “figli” di Camilleri e Lucarelli) che indagano tra Vigata e Bologna. Un’indagine che procede quindi come un epistolario. E la Romagna c’è, anzi ce n’è tanta: buona parte della storia si svolge in una Milano Marittima con tanto di indicazioni stradali, dall’hotel Esedra di via Paganini a una sparatoria in via Sempione, a un investimento mortale in via La Spiga, fino a una pasticceria siciliana in via Moro.
La Romagna appare, agli occhi di entrambi gli scrittori, il luogo dove tutto può succedere, nel bene e nel male. Terra “gialla” per eccellenza.

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