Calcio, Vasini: «Sammaurese la mia famiglia, a Forlì vinsi la D»

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Se c’è un ingrediente che non manca nel derby di domani al Macrelli tra Sammaurese e Forlì è la lunga lista di ex. Quattro sono i nomi, tutti in una direzione, da Forlì a San Mauro Pascoli: Marcello Scarponi, Thomas Bonandi, Marco Vesi e il tecnico Stefano Protti. In realtà ce n’è un quinto che è pure stato capitano dei Galletti biancorossi negli Anni ’70 e oggi fa il dirigente in casa giallorossa: Sergio Vasini. Che fa le carte al match in programma domani pomeriggio.

Partiamo in quinta, chi vincerà?

«Il Forlì ha un organico da categoria superiore, la Sammaurese però può creargli molti problemi con la sua intensità».

Perché il Forlì non decolla?

«È una piazza molto difficile e particolare. Ha storia e palato per stare in alto e non sempre è un bene. Il presidente Cappelli è un grande appassionato, un sanguigno del calcio, a volte un po’ troppo istintivo e questo non sempre paga. Come piazza merita comunque la Serie C».

Appunto la Serie C, quella che lei contribuì a raggiungere nel 1976-’77 da capitano.

«Bei tempi, allo stadio c’erano 5-6 mila persone ogni domenica».

Come arrivò a Forlì?

«Mi chiamò il presidente Vulcano Bianchi. Eravamo amici e vicini di casa a Bellaria, non potevo dirgli no. Venivo dal Carpi, che poi ritroverò avversario negli anni successivi».

Come andò a Forlì?

«Secondo posto nella prima stagione e campionato vinto l’anno successivo con un punto di vantaggio sul Carpi di Salvatore Bagni e Iacovone. Eravamo una squadra di livello».

Il suo ruolo?

«Libero, a quei tempi andava ancora così. Ero veloce e, malgrado non fossi alto, di testa le prendevo tutte. La grinta non mi mancava. La fascia da capitano mi arrivò per questo motivo».

Un episodio che ricorda di Forlì?

«Partita a Russi, a un quarto d’ora dalla fine vinciamo 1-0. Il nostro portiere viene espulso, i cambi erano finiti, in porta ci vado io. Parai tutto, quella vittoria ha poi contribuito al salto di categoria».

L’anno dopo tornò a Bellaria, perché?

«L’ambiente di Forlì mi piaceva molto, solo che mi ero sposato e avevo avviato un’attività alberghiera: dovevo stare vicino a casa».

Come fu a Bellaria?

«L’allenatore era Arrigo Sacchi. Ancora non aveva il patentino, la domenica doveva seguire le partite fuori dal campo, correva lungo la rete come un forsennato. Non era un tipo semplice però si vedeva che aveva idee innovative. Giocavamo alla grande».

Torniamo ai giorni d’oggi. Alla Sammaurese come arriva?

«Mi ha voluto Cristiano Protti, giocavamo insieme a biliardo. Un giorno mi chiede di dargli una mano come dirigente accompagnatore: quell’anno abbiamo vinto il campionato di Eccellenza e siamo saliti in Serie D».

Perché non come allenatore?

«Ho allenato in diverse piazze e vinto 5 campionati (3 al Costa del Sole, uno Bellaria United, uno a San Mauro Mare, ndr) ma francamente è un ruolo che non mi diverte più. Dare una mano alla società, stare insieme ai ragazzi, consigliare nel rispetto dei ruoli mi piace molto di più. Tanto più in un ambiente come la Sammaurese, che è una grande famiglia».

La soddisfazione più grande a San Mauro Pascoli?

«La vittoria del campionato di Eccellenza e la partita al Tardini di Parma, quando uscimmo tra gli applausi di 10mila persone. Anche se la vera soddisfazione è un’altra».

Quale?

«Le salvezze in ogni stagione: equivalgono a campionai vinti. La Sammaurese con il budget che ha, ogni anno compie un miracolo. Poi ha sempre lanciato ottimi giovani. Adesso per esempio ha due centrocampisti interessanti come Chiwisa del 2003 e Lombardi del 2000».

Chiudiamo sul derby di domani. Chi sarà decisivo?

«L’attacco del Forlì: Ferrari e Pera possono segnare da un momento all’altro. Se quei due li avesse la Sammaurese vincerebbe il campionato».

E per la Sammaurese?

«La squadra nell’insieme. La gara contro il Lentigione è da fare vedere a chi capisce di calcio».

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