Calcio, Macina: "Eppure io ero più forte del mio amico Mancini"

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All’anagrafe li separano 58 giorni, le loro città natali distano 120 chilometri e quando si parla di Roberto Mancini, beh, il primo nome che viene associato è quello di Marco Macina. Perché il talentuoso attaccante di San Marino e il Ct più invidiato al mondo, hanno una storia in comune. Erano due “sbarbati” di 14 anni quando sono stati prelevati dalle loro società e trasferiti a Bologna. «Per la precisione Casteldebole - racconta Macina - dove c’era una specie di convitto. Io e Roby eravamo in camera assieme e giocavamo assieme nei Giovanissimi».

Come avete vissuto l’esperienza fuori di casa a 14 anni?

«Dovevamo essere davvero bravi, perchè a Bologna eravamo gli unici 14enni rispetto a ragazzi dai 18 ai 20 anni. Ritengo sia sbagliato andare via di casa a 14 anni, io avrei potuto giocare a Carpegna, non sarebbero cambiate le cose».

Quanto è durata la vostra trafila nelle giovanili?

«Pochissimo. Se sei bravo le categorie le salti in fretta, Roberto ha esordito in A ancora sedicenne, io a 17 anni e 2 mesi. E non sono stati i classici esordi a campionato ormai finito, tanto per dare spazio ai giovani. Noi abbiamo debuttato perchè gli allenatori (Macina lo fece con Burgnich, ndr) avevano intravisto qualità importanti, Mancini quell’anno fece 9 gol».

Quando ha capito che l’attuale Ct azzurro avrebbe potuto diventare un grande allenatore?

«Non saprei, sono due strade completamente diverse. Non necessariamente un buon giocatore diventa un buon allenatore. Ma chi ha giocato e magari l’ha fatto ad alti livelli, quando siede in panchina ha un vantaggio: sa gestire i giocatori, ripercorre quello che ha vissuto in carriera, è come ritrovarsi davanti a uno specchio e un ex giocatore è avvantaggiato. La gestione del gruppo è stata la forza dell’Italia di Mancini».

Ha visto gli Europei?

«Sì tutti, l’Italia ha vinto perchè era una buona squadra e perchè indipendentemente dall’avversario, ha sempre cercato di avere in mano la gestione del gioco, solo con la Spagna ha faticato nel possesso palla perchè loro in questo sono maestri per tradizione».

Apprezzatissimo da Liedholm quando arrivò al Milan, perchè la sua carriera non è sbocciata?

«Fino a 19 anni ero uno dei più forti al mondo, tutti aspettavano una mia giocata, saltavo l’uomo sempre, poi le cose sono andate in modo differente e non ho mantenuto le promesse. Per questo la mia carriera e quella di Roberto non sono da paragonare».

Perché è uscito dal mondo del calcio?

«Bisogna avere continuità per stare nel mondo del calcio e se esci difficilmente puoi rientrare».

Ma è vero che tutti dicono che tra i due era più forte Macina?

«Sì sì e lo dico anch’io».

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