Calcio C, Steffè: "Cesena, i nuovi proprietari non sono qua per fare una vacanza o buttare soldi"

Quando Demetrio Steffè ha sbirciato il nuovo calendario del girone di ritorno, che da sabato 22 gennaio a domenica 27 febbraio prevede 9 partite in 37 giorni, la mente è inevitabilmente tornata indietro di quasi un anno, cioè quando il centrocampista del Cesena giocò da titolare 12 partite in 45 giorni tra fine febbraio e inizio aprile 2020, in una fase della stagione stravolta dal virus che condizionò pesantemente il cammino degli uomini di Viali. Oggi, all’alba del nuovo anno, all’orizzonte c’è uno scenario molto simile (stavolta per tutte le squadre) e il numero 5 giuliano ha già cominciato a scaldare il motore.

Steffè, nello scorso campionato lei è stato l’unico giocatore della rosa ad aver sempre giocato durante il mese e mezzo di tour de force seguito al focolaio Covid. Quali sono i suoi ricordi?

«Furono settimane molto particolari e difficili per tanti motivi. Cominciammo benissimo contro Carpi e Padova, poi incappammo in due momenti complessi dopo le due sconfitte contro Fermana e Vis Pesaro e soprattutto dopo la pesante sconfitta in casa contro il Legnago. Ma anche nei momenti difficili, siamo sempre riusciti a reagire giocando grandi partite come a Salò e Modena o strappando punti pesantissimi come con Perugia e Gubbio. Dal 22 gennaio dovremo prendere spunto da quelle 12-13 partite, che ci dovranno servire da lezione».

Quali saranno le insidie maggiori?

«La prima risposta è banale: la gestione delle forze. Ma io penso che la chiave non siano tanto le gambe, ma quanto la testa. Riposo, alimentazione, allenamenti, recupero sono tutti aspetti determinanti, ma in fondo noi siamo professionisti sempre e lo saremo ancora più del solito, ma non è solo questo il punto. Sarà fondamentale resettare tutto molto velocemente alla fine di ogni partita, indipendentemente dal risultato. Se ripenso all’anno scorso, ad esempio, la gara strana di Fermo secondo me condizionò quella successiva contro la Vis, tanto per fare un esempio».

Giocare ogni tre giorni la spaventa?

«No. Non siamo abituati a questi ritmi, non facciamo le Coppe come i fuoriclasse che giocano in A, però alla fine i chilometri da percorrere sono sempre gli stessi. Sarà un discorso di testa, che va tenuta libera il più possibile».

A livello personale, dopo aver preso il Covid alla fine della “sua” partita a Trieste, lei restò in panchina a Fano e poi giocò sempre fino all’espulsione di Ravenna.

«Non mi era mai capitato di giocare 12 partite in un mese e mezzo, tra l’altro mi infortunai anche alla spalla col Perugia e da quel giorno giocai con un legamento rotto e una fasciatura rigida, non proprio il massimo. A Ravenna non stavo praticamente più in piedi, ma anche quella fu un’altra giornata strana, con vento e pioggia e la palla che tornava indietro. Ho rivisto mille volte quell’immagine dell’espulsione, che non avrei mai preso, fossi stato più lucido».

Torniamo al presente. Come giudica il finale del 2021?

«A livello personale mi dispiace non aver segnato contro la Fermana e contro il Siena, due gol che avrebbero potuto cambiare fin dall’inizio la partita, anche se poi abbiamo vinto. A livello di squadra, avevamo preso un bel ritmo, ma poi abbiamo sbagliato gli ultimi 20 minuti di Gubbio. Nelle ultime giornate abbiamo creato tanto e realizzato poco e Gubbio-Cesena ha amplificato questa tendenza».

Un mese di sosta, anziché due settimane, può cambiare qualcosa per chi viaggiava con il pilota automatico come voi?

«L’incognita della lunga sosta c’è. Ne stiamo parlando. Mancano ancora due settimane alla ripresa e sappiamo che non può essere una gestione facile. I 39 punti sono tanti, non è facile rifarli o migliorare, ma di sicuro dobbiamo ripartire subito con la voglia e la determinazione del 2021».

Come è stato l’approccio con gli americani?

«Ci hanno parlato, con grande entusiasmo. Ho percepito entusiasmo e voglia di fare, di determinare, di lasciare il segno. Non sono qua per fare una vacanza o per buttare soldi, ma per potenziare un progetto che già funzionava molto bene. Hanno idee molto interessanti, una cultura sportiva diversa dalla nostra ma che conquista».

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