Calcio C, Russini: «Il Cesena sarà la mina vagante dei play-off»

Simone Russini, il campionato sta per concludersi e lei per ora ha saltato solo una gara (a Trieste causa Covid) e realizzato 6 gol, il suo record in carriera. A livello personale, è la stagione della svolta?

«Sì, lo dicono i numeri ma soprattutto lo dicono la mia testa e le mie gambe. Il merito è innanzitutto di Viali, che mi ha sempre invogliato a fare di più, non solo a parole, ma anche con i fatti, avvicinandomi alla porta e non solo. E poi c’è la continuità, che è sempre stata il mio punto debole. L’anno scorso mi sono infortunato due volte fino a febbraio. Quest’anno siamo ormai arrivati a maggio e le ho giocate tutte».

Anche un giocatore di grande esperienza e che di talento se ne intende, come Davide Di Gennaro, ha detto che lei ha qualità per fare ancora meglio.

«Se lo dice lui… (sorride, ndr). Davide ha giocato in A e in B, è stato compagno di squadra di Ronaldo e di Ronaldinho, quindi mi fido…».

Quest’anno pensa di aver fatto un salto di qualità a livello mentale, fisico o tecnico?

«Di sicuro mentale, perché parte tutto dalla testa: mi sento coinvolto, importante per l’allenatore, considerato dai compagni. Ma poi dico anche a livello tecnico: sono innamorato del pallone, ma Viali non mi ha detto di smettere di dribblare. Semplicemente mi ha suggerito di essere più decisivo negli ultimi metri, anche se con le squadre che si chiudono diventa più difficile».

A proposito, per quale motivo con questo tipo di squadre, che all’andata superavate sempre, nel girone di ritorno avete spesso perso o comunque faticato?

«Dipende anche dal momento. Il girone di ritorno è un altro campionato, cresce la paura di perdere, c’è più agonismo e di conseguenza gli spazi si riducono ulteriormente».

Al contrario, contro chi gioca a viso aperto, avete quasi sempre tenuto in mano la gara o dominato.

«Essere sempre a livello delle big deve essere un buon segnale in vista dei play-off, anche se avremmo meritato di segnare di più e di raccogliere più punti».

In generale cosa vi è mancato rispetto all’andata?

«Escludendo il Covid, alcune squadre hanno imparato a conoscerci e a sfruttare magari un episodio favorevole».

Passiamo ai suoi gol. Il primo è arrivato molto tardi.

«Ma è stato una liberazione. Quel giorno a Mantova, raggiunsi la squadra alla domenica a pranzo dopo essere partito in fretta da Cesena. Sabato sera ero andato a letto rassegnato, il giorno dopo ho segnato e da quel giorno ho acquistato fiducia, con il gol di Imola due settimane dopo che ha fatto il resto».

La rete più bella qual è stata?

«Troppo facile: il pallonetto contro il Gubbio. Avevo promesso a Maddaloni che gli avrei dedicato un gol dopo l’infortunio, era la terza partita con la maglia a lui dedicata e per fortuna, prima di buttarla, ho potuto fargliela vedere. Quando è arrivato il lancio, ho pensato solo a toccare il pallone meno volte possibile e ad avvicinarmi velocemente all’area, poi ho guardato il portiere e ho colpito».

Il gol più emozionante?

«Il rigore a Fano. Quella partita, la prima dopo il Covid, sembrava un film. La palla pesava, ma ero sicuro di segnare. Avessi sbagliato, sarebbe stato un bel casino…».

Lei ha mai giocato i play-off in carriera?

«Ad Alessandria, ma ero infortunato. Entrammo nella fase nazionale come squadra vincitrice della Coppa Italia, ma uscimmo subito contro la Feralpi perdendo in casa al ritorno. Ma io ero in tribuna, quindi non li ho vissuti direttamente e soprattutto non li ho mai giocati, perciò non vedo l’ora».

Cosa si aspetta dal 9 maggio in poi?

«Innanzitutto mi aspetto di mantenere il 7° posto. Poi il Cesena sarà la mina vagante dei play-off e nessuno vorrà giocare contro di noi. Mi piacerebbe superare i primi due turni e giocare almeno una volta andata e ritorno, come succede nelle Coppe europee».

Il 30 giugno le scade il contratto.

«Ho sempre detto al Cesena che mi piacerebbe restare. L’argomento è stato toccato a inizio anno, poi abbiamo deciso di parlarne a fine stagione. Ho sempre dato la mia disponibilità, ma oggi non è il mio problema e devo pensare solo al campo».

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