Calcio C, Nardi: «Cesena, beffa atroce. Ma sono pronto a ripartire»

Quel maledetto pallone calciato da Balestrero e sporcato da Gonnelli, che bacia beffardamente il palo interno prima di rotolare in porta, gli ha portato via il sonno per diversi giorni. «Più che altro – racconta Michele Nardi – sono stato inavvicinabile per parecchio tempo: proprio non riuscivo a digerire il modo in cui abbiamo preso gol. Quell’eliminazione, per quanto mi riguarda, è stata atroce». In scadenza di contratto, il portiere santarciongelese del Cesena guarda per l’ultima volta indietro e prova a tuffarsi non solo sul presente, ma anche sul futuro.

Nardi, cosa le ha lasciato questa stagione chiusa in modo crudele?

«Certamente tantissimo rammarico per come è finita, perché il nostro percorso non meritava di chiudersi in quel modo. Avremmo voluto fare qualcosa di straordinario e ci abbiamo sempre provato: onestamente credo che sarebbe stato tra il difficilissimo e l’impossibile arrivare fino in fondo, ma uscire così è stato atroce. Ripeto, per qualche giorno sono stato abbastanza inavvicinabile. Per quanto mi riguarda, provando a rispondere alla domanda, a livello personale è stato un altro anno di crescita, anche a 34 anni. Ho conosciuto un nuovo stile di gioco, un nuovo preparatore, nuovi compagni».

E’ rimasto soddisfatto?

«Difficilmente, con il senno di poi e a freddo, sono negativo su qualcosa. Mentre, al contrario, sono sempre molto autocritico con me stesso a caldo. Ma poi tutte le cose positive bisogna prenderle su e quest’anno ce ne sono state tante, un bel bagaglio per crescere».

E la gara contro il Matelica cosa le ha insegnato?

«Beh, passare da una gioia immensa a una delusione incredibile in pochi secondi è oggettivamente inspiegabile. Come inspiegabile è il gol che abbiamo incassato. E’ il bello e il brutto del calcio, ma una spiegazione logica ancora non la trovo. Eppure vi assicuro che nello spogliatoio ne abbiamo parlato…».

Secondo lei chi vince i play-off?

«Faccio il tifo per qualche squadra, ma non faccio nomi. E non mi sbilancio. Di sicuro anche questi play-off stanno dimostrando una cosa: in C accadono sempre cose strane o impensabili e spesso vince chi non è favorito. Con organizzazione e con idee, ma soprattutto con la cattiveria e la scaltrezza e la testa, i play-off si possono vincere e questa magari può essere una lezione per il futuro».

Dopo una vita al Santarcangelo e alcune esperienze altrove, a 34 anni cosa ha significato trascorrere un anno intero a Cesena?

«Ho avuto una fortuna: dopo Santarcangelo sono stato in quattro posti bellissimi come Parma, Verona, Siena e Bolzano. Poi, però, ho avuto anche una gran bella sfortuna: sono arrivato a Cesena in un momento particolare. Il distacco fisico tra i tifosi e la squadra ha pesato, mi sono mancati il contatto e l’adrenalina che il Manuzzi ti garantisce ad ogni partita. Non ci siamo mai sentiti soli, ma qualcosa è mancato e per me è stato un grande dispiacere. Ho sempre sperato di giocare in quello stadio pieno, per ora ci ho giocato solo con le tribune vuote. Per il resto sono contento, sono arrivato a Cesena nel momento migliore e alla fine ho giocato tanto».

Riesce a indicare il momento più bello della stagione?

«Non c’è una partita, ci sono appunto dei momenti. Tipo Padova nel girone di ritorno, quando a un certo punto mi sono detto: “Madonna come siamo forti”. Oppure anche durante gli 11 risultati positivi. A marzo forse abbiamo abbassato un po’ la guardia e forse dopo il Padova abbiamo rallentato un po’, lasciando perdere il Covid che è stato una follia».

Ha un rimpianto?

«No, sono sincero. Sono autocritico e quindi penso che in ogni gara avrei potuto fare o dare di più. Io mi flagello sempre, ma di rimpianti non ne ho mai».

Il 30 giugno scade il contratto. E’ stupito di non essere stato ancora chiamato per il rinnovo?

«No, in questo momento io sono la persona più serena del mondo. Sono convinto che, quando sarà ora, ci siederemo e ne discuteremo insieme. Sono pronto a farlo in qualsiasi momento, non ho fretta. A fine stagione ci siamo guardati negli occhi, ci siamo stretti una mano e ci siamo detti di aver dato il massimo. L’importante è non avere rimpianti, da una parte e dall’altra, e nessuno di noi li aveva. Quindi la vivo con grande tranquillità».

Qual è la sua intenzione? Dove si vede nella prossima stagione?

«Io, se ci sono le condizioni, sono pronto a ricominciare qua. Ci sono alcune offerte sul piatto, vedremo. Ma prima viene sempre il Cesena».

Pensando alla prossima stagione, quale sarà l’errore da non ripetere ripensando all’ultimo campionato?

«Prima lezione: non bisogna essere i più forti per vincere o per fare qualcosa di importante. E’ più importante essere i più svegli. Se sei il più sveglio e il più furbo, guadagni parecchi punti rispetto agli altri. Poi c’è chi vince spendendo milioni e milioni, ci mancherebbe, ma a Cesena oggi la chiave deve essere il collettivo, creare un gruppo vincente prima nella testa e poi in campo. Quest’anno ci siamo avvicinati molto, ma a volte siamo stati ingenui, poco furbi. Non deve essere una questione di fortuna, ma di andare a cercare l’episodio favorevole».

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