Calcio C, De Feudis torna a scuola: «Decisiva la cura dei dettagli»

A quasi 38 anni Giuseppe De Feudis è tornato a scuola. Con la penna, il quaderno e naturalmente la tuta. Dalla scorsa settimana e fino al 15 luglio, il Conte sarà impegnato a Coverciano in qualità di allievo al corso per l’abilitazione a tecnico Uefa A (il penultimo gradino della piramide), che permette di ricevere il patentino per allenare in serie C, nel campionato Primavera e in serie A femminile.

De Feudis, qual è la sua giornata tipo a Coverciano?

«Sveglia, colazione, lezione, pranzo, lezione, doccia e letto. Così dallo scorso 8 giugno e fino al prossimo 15 luglio, per sei settimane, tutti i giorni dal lunedì al venerdì. Gli orari prevedono due sessioni di lezioni al giorno: una al mattino dalle 9.30 alle 13.30 e una al pomeriggio dalle 15 alle 19».

Quali sono gli argomenti da studiare?

«Il programma è completo e a 360 gradi. Si va dai classici concetti su tecnica e tattica alla metodologia degli allenamenti, poi comunicazione e match analyst, la gestione del gruppo e tante altre cose fondamentali nel percorso formativo di un allenatore. Tornare a scuola a 38 anni non è facile, però diciamo che mi sono riscaldato un anno fa durante il lockdown quando aiutavo i miei figli a fare i compiti e a studiare…».

Per il momento qual è la difficoltà più grande?

«L’unico aspetto che purtroppo non dipende da noi e non c’entra nulla: il caldo. Andare in campo a Coverciano a metà pomeriggio con 35 gradi e sotto il sole non è proprio simpatico, ma i miei compagni ed io proviamo a resistere (sorride, ndr)».

A proposito, con chi condivide questa nuova avventura?

«Tra gli ex bianconeri ci sono Iori e Belingheri. In totale siamo una quarantina, poi naturalmente ci sono i docenti, tra cui Mario Beretta, che si alterna con Ulivieri per la parte tecnico-tattica. Per ogni materia c’è un docente diverso e devo dire che l’organizzazione è davvero perfetta. Dopo queste sei settimane di lezioni teoriche e anche pratiche, a settembre avremo l’esame».

Un anno fa lei salutò il calcio giocato e scelse di spostarsi dall’altra parte della barricata. Oggi, dodici mesi e soprattutto un campionato dopo, ha metabolizzato questo cambiamento?

«Sì, anche se continuo ad avere il rimpianto di non aver ancora potuto salutare i miei tifosi e tutte le persone che mi vogliono bene dentro a uno stadio pieno. In questi mesi mi sono reso conto di quanto sia difficile allenare e gestire un gruppo. Vi assicuro che cambiare la prospettiva è davvero un cambio di abitudini notevole, perché cominci a guardare e a considerare tutti gli aspetti che da calciatore davi per scontato».

Ad esempio?

«La cura dei dettagli, la comunicazione, la gestione, le informazioni sugli avversari da preparare in vista della partita. Ho avuto la fortuna di cominciare questo nuovo percorso con un allenatore come Viali e con uno staff molto preparato e in fondo mi sono divertito, imparando tantissimo soprattutto nell’analisi delle partite. Avevo detto che lavorare con Viali sarebbe stato come andare all’università. Dopo un anno sul campo insieme, lo posso confermare e tra un mese sono pronto a ricominciare».

Quindi andrà avanti con questo ruolo e resterà ancora nella sua Cesena?

«Sì, assolutamente. Quest’anno ho studiato tanto e sto studiando tuttora anche per essere più preparato nella prossima stagione. Ho scoperto quanto sia fondamentale la cura dei dettagli per chi vuole fare questo lavoro».

La botta di un mese fa contro il Matelica fa ancora male?

«La ferita sì, perché non avremmo meritato di uscire in quel modo. Però quella sconfitta non può cancellare il lavoro di un anno: abbiamo messo le basi per ripartire forte e sono contento che la società abbia deciso di farlo con Zebi e con Viali. Quanto a me, non vedo l’ora di rivedere un po’ di gente al Manuzzi».

Tornando all’attualità, che aria si respira a Coverciano in questo periodo e come si vive dentro all’università del calcio italiano?

«L’aria che si respira è piuttosto calda... Scherzi a parte, le lezioni sono molto interessanti e il posto è bellissimo, anche se io dormo da solo a un paio di chilometri dallo stadio in una affittacamere».

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