Calcio C: Cesena, Maddaloni: "Che emozione tornare in campo"

Proprio come oggi, anche un anno fa Rosario Damiano Maddaloni preparava un derby: Modena- Cesena, in programma domenica 21 marzo 2021 al Braglia. Non sapeva che sarebbe stata la sua ultima partita, così come non avrebbe mai potuto pensare che un altro derby (stavolta con la Reggiana) si sarebbe giocato esattamente 12 mesi dopo, il 21 marzo 2022 al Manuzzi. Tra queste due gare c’è stato un anno di passione e di pazienza, segnato da due crociati che saltano e da una riabilitazione tanto lunga quanto difficile. Oggi, dopo essere tornato in campo con la Primavera ed essere andato in panchina a Pescara, il difensore del Cesena vede finalmente la luce.

Maddaloni, ripensando al rientro in campo e alla panchina di martedì, qual è stata l’emozione più grande?

«Rientrare in campo e giocare una partita vera. Mi ero dimenticato le sensazioni, l’adrenalina, la preparazione della gara. C’è ancora tantissimo lavoro da fare, specialmente su muscolo e mobilità, ma giocare una partita di campionato e andare in panchina in uno stadio bellissimo come quello di Pescara sono state le mie prime due vittorie».

In campo come è andata?

«Per me è stato un test non solo fisico, ma anche mentale. Ringrazio i ragazzi della Primavera e Ceccarelli, che prima di cominciare mi ha detto: “Noi diamo una mano a te, tu dai l’altra a noi”. La vera difficoltà, in questo primo mese da calciatore finalmente recuperato, non è stata la gara con la Primavera, ma il rientro in gruppo a Villa Silvia. Nei primi giorni mi sentivo spaesato, soprattutto per le distanze in campo. Ma non ho mai avuto paura, perché la rabbia e la voglia di giocare l’hanno azzerata».

Sono trascorsi 12 mesi dal primo infortunio. Cosa le ha insegnato questo lungo percorso?

«A livello umano ho passato l’inferno. Ho dato valore a cose che abitualmente sottovaluti. Ad esempio, stare dentro uno spogliatoio e fare un banale allenamento senza avere un fastidio o un dolore, una cosa che nell’ultimo anno non ho praticamente mai provato. Fisicamente diciamo che è stato un anno doloroso, soprattutto dopo la seconda operazione: il ginocchio più gonfio, la pelle che soffre, il male che ti avvolge la gamba e anche la testa. Ma a livello mentale sono cresciuto tanto, perché un’esperienza così ti segna inevitabilmente. E oggi ho imparato a curare ogni minimo dettaglio, A luglio compio 24 anni, ma dopo questo doppio infortunio e questa lunga riabilitazione, io me ne sento 30. Perché mi sento cresciuto».

E’ stato più difficile fermarsi un anno fa, nel momento clou della stagione e quando era titolare fisso da diversi mesi, o quest’estate quando progettava e intravvedeva il rientro?

«Il primo infortunio l’ho vissuto con maggiore leggerezza, soprattutto perché sapevo che avrei perso al massimo un paio di mesi di campionato e una decina di partite. Ho scelto di sacrificare l’estate proprio per rientrare al meglio tra settembre e ottobre e non è stato affatto un problema. Il secondo infortunio, invece, è stato una vera mazzata. E la riabilitazione è stata più pesante».

Ha capito subito che si era nuovamente infortunato al legamento crociato?

«Stavo facendo allenamento con i prof, in un cambio di direzione il ginocchio ha ceduto. Ho sentito subito questa specie di molla che parte e sono caduto. In quel momento ho capito che mi ero fatto male di nuovo e mi è crollato il mondo addosso, anche se il vero colpo l’ho ricevuto quando mi hanno detto che mi sarei dovuto nuovamente operare e che avrei dovuto ricominciare da capo. In quel momento ho pensato di mollare, ma dopo un’ora ci ho subito ripensato e mi sono detto: “Sono arrivato fino a qui, come posso pensare di smettere?”. E ho chiesto i tempi del recupero».

Cosa è cambiato tra il primo e il secondo infortunio?

«Innanzitutto l’operazione, ma soprattutto il post, perché avevo il ginocchio più gonfio e avevo più male. Il momento peggiore sono stati i primi due mesi dopo l’intervento. Cercavo una luce ma non la trovavo. Mi hanno aiutato tanto Cola e il suo staff a Longiano, è stato come rientrare nello spogliatoio assieme ad altri ragazzi come Varone, Roberto Sabato e il sammarinese Berardi».

Ora che sta bene e che è rientrato in campo e in panchina qual è il suo prossimo obiettivo?

«Stare bene. Ho dentro tanto veleno da buttare fuori e non vedo l’ora di vincere una partita. Ma per ora io ho già vinto lo stesso».

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