Calcio C, Agostini: "Vogliamo riportare il Cesena dove merita di stare"

«“Ago, sto trattando una squadra di Lega Pro, però non ti dico il nome”. Quando Robert mi ha detto così, mi sono messo a cercare tutte le società che si stavano muovendo per cercare rinforzi. Al Sud non ne ho trovate, al Nord neppure. Conoscevo la situazione del Cesena e allora sono stato diretto: “Non è che vieni a casa mia?” Lui si è messo a ridere e mi ha detto di non dire nulla a nessuno. Io gli ho risposto: “Faresti la cosa più bella della tua vita”». Massimo Agostini è stato per diversi mesi il ponte aereo tra New York e la Romagna, l’ambasciatore del Cesena nel mondo ma anche un punto di riferimento credibile per l’avvocato Robert Lewis, che da lunedì è diventato copresidente del Cavalluccio assieme a John Aiello.

Agostini, ci può descrivere Robert Lewis?

«Ha 57 anni come me, è un po’ marchigiano e un po’ americano, ma anche un po’ romagnolo perché capisce il dialetto. Gli piace stare insieme alla gente ed ama visceralmente lo sport. A New York è un avvocato molto importante, passa gran parte del suo tempo in ufficio, lavora tanto e dorme poco».

Come vi siete conosciuti?

«Con i Camp del Milan tra il 2012 e il 2013 a Pesaro. Lui portava il figlio Luca. Con noi c’erano Seba Rossi, ma anche Flavoni e Porracchio, oggi preparatore dei portieri della Fiorentina. In due anni abbiamo fatto amicizia, a pelle ci siamo presi bene ed è scattata subito la scintilla. Quando ha creato un’accademia a New York in collaborazione con il Milan, mi ha chiesto di trasferirmi ed io ho accettato».

Cosa l’ha colpita di più di Lewis in questi anni?

«Quando si prefissa un obiettivo, lo raggiunge. Quando dice che vuole una cosa, nel giro di poco tempo la ottiene. E’ stato così anche per il Cesena».

A proposito, lei come ha spiegato all’avvocato cosa è Cesena e quanto vale il calcio a Cesena?

«Non ho dovuto dire molto, perché conosceva la tradizione, le vittorie, i record, come quello degli abbonamenti in D, che lo ha colpito tantissimo. Io ho solo aggiunto che Cesena è un posto unico in Romagna, una città che ama visceralmente la propria squadra, un posto dove i tifosi sono passionali ma non assillanti. A Cesena è capitato di retrocedere tra gli applausi e di fallire ripartendo con 10.000 persone allo stadio».

Al netto della sconfitta di Gubbio, il mercoledì com’era stato l’impatto con la squadra alla rifinitura?

«Robert e John erano più emozionati di tutti, perché sono due persone passionali, semplici e di cuore. Amano lo sport e soprattutto il calcio e vogliono crescere i loro figli con lo sport. L’incontro è stato bellissimo. Ho visto i giocatori molto coinvolti e molto attenti, curiosi, garbati. Abbiamo detto loro che, anche se a volte Robert e John saranno lontani, la distanza non sarà mai un problema. E loro non saranno mai soli».

Il debutto al Barbetti non è stato il massimo.

«Peccato. Ci aspettavamo di segnare da un momento all’altro, perché nel primo tempo il gol era sempre nell’aria. Doveva finire 4-1 per noi al 45’, è finita 4-1 per loro al 90’. Credo abbiano capito come funziona il calcio e quanto sia maledetto, a volte».

Dopo aver fatto il calciatore e aver allenato la Primavera, lei a Cesena sarà per la prima volta dirigente e consigliere. Cosa si aspetta da questa nuova avventura?

«Io mi aspetto di portare il Cesena dove merita di stare. Mi aspetto di lavorare al meglio con un bel gruppo di lavoro, con Padovani e Lelli che conoscono bene la realtà, e con Aiello e Lewis che hanno un entusiasmo contagioso. Io penso che nessuno di noi possa fare i miracoli da solo, per questo l’unione farà la forza del Cesena. Quanto al mio lavoro, dico questo: da calciatore sono stato molto spesso egoista, perché altrimenti non avrei segnato tutti quei gol. Da dirigente sarà l’esatto contrario e sarò a piena disposizione della squadra».

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