Calcio C, a New York con John Aiello: "Amo il Cesena e i Mets. Gli Yankees? Sono come il Bologna"

Se c’è una cosa che torna sempre, nei racconti di John Aiello, è l’idea di famiglia. L’espressione inglese che usa Aiello («I live and die for my family») è molto migliore di ogni traduzione italiana, che suonerebbe più o meno come «Per la mia famiglia sono disposto a tutto». «A Brooklyn vivevamo insieme ai nonni – continua Aiello - papà era falegname, è nato sull’isola di Ventotene, per poi trasferirsi a Genova e arrivare negli Stati Uniti a vent’anni. Mia mamma invece faceva la casalinga, è originaria di Ischia ma è cresciuta in America».
Da due isole – Ventotene e Ischia – a una terza isola, Manhattan, passando per Brooklyn: una lunga strada. E di strada, i fratelli Aiello ne hanno fatta tanta: Michael, il primogenito, è un avvocato di grido, mentre Joseph, il secondogenito, ha fondato una compagnia di costruzioni. «Michael è uno degli avvocati più importanti e famosi di tutta New York, e non solo – continua John Aiello – si occupa principalmente di M&A (mergers and acquisitions, vale a dire operazioni di trasferimento del controllo di un’attività tramite fusione e acquisizione, ndr). Joseph ha invece fondato la Broadway Construction Group, azienda edile della quale è vicepresidente esecutivo».
«Ma tutto questo non sarebbe stato possibile senza la nostra famiglia. I nostri genitori ci hanno sempre spinto a migliorarci, ci portavano a Manhattan, ci hanno permesso di studiare. Io stesso, da adulto, voglio che la mia famiglia sia partecipe di tutto quello che faccio».
Anche a Cesena? «Certamente. Quando è possibile, io e mia moglie portiamo anche i nostri figli in Romagna. Vogliamo che loro conoscano la città e si appassionino. Per me sarebbe impossibile senza di loro. Ah, e dentro la mia idea di famiglia ovviamente c’è anche Robert Lewis. Anche lui è famiglia».


L’America che cambia

Nessun paese al mondo cambia tanto rapidamente quanto gli Stati Uniti. E New York sta lì a raccontarcelo: è una città che si reinventa continuamente, proiettandosi sempre verso l’alto insieme ai suoi grattacieli. Ma è anche una città segnata dalle enormi disuguaglianze: miliardari in elicottero e senzatetto ai bordi delle strade. La domanda è d’obbligo: gli Stati Uniti sono ancora la terra delle opportunità? Aiello ci pensa e poi risponde senza esitazioni: «Sì, lo è ancora. L’America è l’unica grande superpotenza in cui tutti vorrebbero vivere».
Però è anche una società in cui le tensioni sono fortissime, a partire dai conflitti etnici, basti pensare al Black Lives Matter e alle lotte per i diritti degli afro-americani. «E’ vero, i problemi ci sono e continuano a esserci. Ma non ricordo una fase della mia vita in cui non esistessero tensioni tra gruppi etnici: quando ero ragazzo c’erano continuamente scontri. Portoricani e dominicani, ebrei e italo-americani, afro-americani ed ebrei… è la storia dell’America».
Obiezione: Donald Trump non ha generato ancora più problemi? «Ha portato all’estremo i problemi che già esistevano, ha polarizzato la scena politica e mediatica. Purtroppo viviamo in un’epoca in cui i partiti americani non producono politici all’altezza. E’ un peccato, questo Paese ha così tanto talento, e invece i migliori stanno lontano dalla politica».
Magari fosse un problema solo americano. Ma vale anche per New York? Aiello argomenta: «Il miglior sindaco che io abbia visto è stato Rudy Giuliani. Per distacco. Lasciate perdere questi ultimi anni. Il Giuliani degli anni Novanta ha ripulito la città, ha risolto il problema del crimine e ha permesso, poi, a Michael Bloomberg, di fare di New York il centro economico del mondo. Bloomberg è un businessman, ma senza Giuliani non ce l’avrebbe mai fatta».
Come giudica l’ultimo sindaco, Bill De Blasio? «Meglio dimenticare – risponde Aiello – invece c’è un altro sindaco che mi piace. Chi? Enzo Lattuca. L’ho conosciuto, lavoriamo molto bene insieme. Se fossi cittadino di Cesena, voterei per lui».


Manuzzi Square Garden

È impossibile parlare di New York senza parlare degli sport di New York. La Grande Mela trasuda passione a ogni angolo di strada: se altre città americane hanno al massimo una o due squadre, New York è veramente la Mecca dello sport. Ma per chi tifa John Aiello? «Ovviamente per i Knicks nel basket. Poi mi piacciono i Rangers (hockey) e i Jets (football). Ma a New York la grande rivalità è nel baseball, tra Yankees e Mets. Quando io e Robert Lewis abbiamo incontrato i ragazzi della Curva Mare abbiamo regalato loro dei berretti da baseball dei Mets. I Mets ricordano il Cesena. Gli Yankees? Beh… il Bologna».
All’improvviso, squilla l’iPhone di Aiello: è una videochiamata whatsapp dal Condor Agostini. Aiello risponde, parla brevemente e poi riattacca. «Devo ricordarmi di chiamare Diletta Sarti (la storica segretaria del Cesena, ndr). Mi ha cercato, posso ignorare tutti ma lei no. Dove eravamo rimasti?».
All’Atlantico di differenze tra sport americano ed europeo. E a una questione fondamentale: molti imprenditori nordamericani stanno faticando nel calcio italiano: da Rocco Commisso a Firenze, a Saputo a Bologna. Perché dovrebbero farcela Aiello e Lewis a Cesena? «Perché abbiamo passione e idee chiare – spiega Aiello – finora abbiamo trovato tante valide persone e un unico nemico: la burocrazia. È incredibile quanto sia difficile fare business in Italia. Certe cose poi sono veramente incomprensibili: per esempio, perché fissare le partite nei giorni feriali quando la gente lavora? Basterebbe cambiare queste piccole cose per avere un prodotto migliore. Ma io sono determinato. Voglio cambiare il calcio italiano, e ce la farò».


Sole a Manhattan

La chiacchierata con Aiello è quasi finita. Da Bubby’s il locale si è riempito. Fuori sfrecciano i taxi gialli e i rider che consegnano il pranzo. John Aiello è diretto a Brooklyn per affari. Facciamo un tratto di strada insieme sulla sua auto fino a Battery Park, la punta più a sud dell’isola di Manhattan. Per arrivarci, si passa di fianco al World Trade Center. Dove un tempo sorgevano le Torri Gemelle, ora resta uno splendido memoriale. Aiello guarda in quella direzione e rallenta: «Ricordo l’Undici Settembre come se fosse oggi. Lavoravo già nel mondo finanziario e, come tutti, quella mattina ero proprio qui. Ricordo lo choc, poi il dolore. Quella giornata ha cambiato la vita di tutti. Per sempre».

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