Caccia ai milioni di euro delle mascherine: sequestri a San Marino

«Il cliente non è al momento raggiungibile, richiamate più tardi». Il fischio del fax che si attiva dopo alcuni squilli. Sono state queste le uniche risposte che ha ricevuto chi ha cercato di raggiungere la commercialista Maria Stefania Lazzari. Per cui è stato impossibile avere dalla conosciutissima professionista del Titano o dal proprio legale, conferme o commenti sulla notizia riportata oggi da Il Fatto Quotidiano. Ovvero il sequestro di importanti documenti eseguito ad inizio agosto dalla Guardia di finanza di Roma alla Lazzari srl società riconducibile alla commercialista. Ma, soprattutto, consorte di Daniele Guidi il banchiere sammarinese tra i mediatori dell’acquisto di 1,2 miliardi di mascherine in piena emergenza coronavirus fornite da tre società cinesi. Operazione costata allo Stato italiano oltre 800 milioni di euro.

Per i finanzieri del Nucleo di polizia valutaria, il gruppo di lavoro da lui guidato avrebbe dovuto ricevere 44,6 milioni di euro dalla Sunsky, società di Andrea Tommasi, che ha eseguito la consegna materiale delle mascherine. Su un conto di Guidi aperto in una banca di Hong Kong, secondo le indagini delle Fiamme gialle coordinate dalla Procura della Repubblica di Roma che lo ha indagato per traffico di influenze illecite, frode nelle pubbliche forniture e falso ideologico, sarebbero stati accreditati - scrive sempre Il Fatto Quotidiano - 12,2 milioni di euro di commissioni.

I documenti sequestrati dovrebbero confermare le tesi di investigatori e pubblici ministeri romani sulla destinazione su conti off shore di parte dei compensi di Guidi. Le commissioni totali pagate ai mediatori dalle società cinesi ammontano a 72 milioni di euro. Secondo gli elementi in mano ai finanzieri, però, il compenso pattuito sarebbe stato quasi tre volte più alto.

Il “personaggio”

Inchiesta delicata quelle delle mascherine che vede tra gli indagati l’ex commissario straordinario per l’emergenza Covid Domenico Arcuri. Che nel tempo ha però visto alleggerirsi di molto la propria posizione. Iscritto nel registro degli indagati per corruzione, l’accusa era stata poi archiviata e corretta in peculato ed ora è stata declassata definitivamente a “semplice” abuso d’ufficio. Reato contestato in concorso con Antonio Fabbrocini, braccio destro di Arcuri quando l’ex commissario era amministratore delegato di Invitalia e l’imprenditore Andrea Tommasi.


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