Buon anno nello stile di Adolfo Busi

Cultura

L e generazioni più recenti mantengono la tradizione di scambiarsi i messaggi augurali di fine anno, superando ogni distanza in un istante con i mezzi di comunicazione loro abituali forniti dalle tecnologie più moderne. Fino al secolo scorso la funzione è svolta dalle cartoline illustrate inviate tramite il servizio postale. Una consuetudine anglosassone che risale al 1843, il cui uso rapidamente si diffonde in tutta Europa e, dal 1875, negli Stati Uniti. I temi ricorrenti raffigurati sono la felicità e l’amore universale capaci di coinvolgere mamme, bambini, animali, vezzose ragazze, coppie di innamorati in languidi atteggiamenti o che festeggiano, il tutto nella estrema coerenza dei costumi e delle mode dell’epoca. Una documentazione straordinaria di stile, realizzata con garbo e singolare capacità narrativa. Sono tanti gli artisti italiani che includono nel loro repertorio l’illustrazione di cartoline augurali a partire da Marcello Dudovich, Alberto Bianchi, Aurelio Bertiglia, Luigi Bompard, Carlo Chiostri, Tito Corbella e tanti altri. Fra loro Adolfo Busi (Faenza 1891 – San Lazzaro di Savena 1977), pittore e illustratore tra i più capaci e apprezzati, il quale i trascorre spesso le vacanze estive a Rimini collaborando come redattore artistico di riviste locali e realizzatore, fra il 1927 e il 1929, dei manifesti pubblicitari dell’estate riminese e riccionese più belli e moderni. Fra le due guerre mondiali realizza un’enorme quantità di disegni per le cartoline, molte delle quali prodotte dalla casa editrice milanese Degami, acronimo di Dell’Anna, Gasparini, Milano, operante sul mercato internazionale. Si tratta di una scelta vastissima di immagini rese con sapienza magistrale per trasmettere il messaggio desiderato in perfetto stile decò, di grande fascino. Mai come oggi servono auguri di salute e prosperità per il nuovo anno, pieni di fiducia e di speranza per la situazione tragica in cui versa l’umanità intera. Purtroppo è presto per una immagine come quella di cinque bimbi e un cagnolino che salutano pieni di entusiasmo il sorgere del sole del 1919, l’anno della vittoria italiana della Grande guerra realizzata da Cesare Giri (San Severino Marche 1877 – Roma 1941), più conosciuto con lo pseudonimo francese “César Giris” o solo “Giris”, pittore, scultore, scenografo, illustratore e caricaturista di successo, con una vita artistica intensa e movimentata fra Parigi e New York, poi in Italia e a San Marino dove fra il 1936 e il 1941 realizza i decori, simboli della storia e della vita della Repubblica, per il teatro Titano. Una immagine di felicità e di grandi aspettative dopo un lungo periodo di privazioni, sofferenze e tanto dolore per le vite spezzate, denunciate e dallo stesso autore, con segno duro e di grande effetto, nelle tavole di “Pagine di sangue” pubblicate dalla Libreria Editrice Mantegazza di Roma nel 1915. Purtroppo però l’epidemia influenzale spagnola continuerà ancora a falcidiare il genere umano per tutto il ’19. La realtà è spesso molto meno edificante. «…la notte di Capodanno mi atterrisce sempre, la vita non sa nulla degli anni» scrive a «mezzanotte in punto 1973-74» il grande Bukowsky in “Foglie di palma” nella raccolta di poesie “So benissimo quanto ho peccato” edito da Guanda nel 2014; «... adesso i clacson si sono ammutoliti e i fuochi d’artificio e i tuoni… tutto è finito in cinque minuti… odo soltanto la pioggia sulle foglie di palma, e penso: non capirò mai gli uomini, ma è andata anche questa».

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