Bruno Neri raccontato da Cavezzali e Cuccurullo a San Mauro

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Canta Ligabue che la vita da mediano si brucia presto perché quando hai dato troppo devi andare a fare posto. La vita da mediano di Bruno Neri da Faenza (1910-1944) è stata però da mediano campione; gran corsa e fiato, fortissimo di testa pure se piccoletto, piedi buoni. Giocò nella Fiorentina, nel Torino, nella Nazionale. Anche Mussolini tifava per lui, perché esempio di sacrificio e forza virile. Ma il giovane Neri aveva una coscienza civica ed era contro il regime del duce. Così nella partita che testava il campo del nuovo stadio di Firenze, Bruno non allungò il braccio per il saluto romano al duce. Mussolini non lo arrestò, Neri era un campione troppo amato, però non venne convocato ai Campionati del Mondo. Lui continuò la sua lotta antifascista, ancora di più dopo aver lasciato il calcio fino a perire, fucilato dai tedeschi sull’Appennino nei pressi di Marradi nel 1944, a neppure 34 anni. La sua è una di quelle storie che vanno al cuore e che Matteo Cavezzali (1983) noto scrittore ravennate ha fatto sua e, novità, portata anche sul palcoscenico; stasera alle 21 al teatro di Villa Torlonia va in scena “Bruno Neri, calciatore e partigiano. Storia di calcio e Resistenza”. Con lo scrittore, sul palco c’è l’attore Alfonso Cuccurullo di Imola, mentre Gianni Gozzoli è curatore degli effetti sonori, come del podcast per la Rai su Bruno Neri che ha anticipato lo spettacolo.

Cavezzali, da quando è appassionato di calcio?

«A dire il vero non sono un grande esperto, ma questa storia travalica lo sport. L’ho scoperta per caso, in un bar di Faenza dove, durante una partita a carte fra signori di una certa età, uno di loro ricordò di Bruno Neri. Anni dopo, quando la Rai chiese a me e a Gozzoli un podcast, ripensai a questa storia che abbiamo realizzato per Rai play sound, fino allo spettacolo che ha debuttato questanno».

Da narratore di penna a narratore sul palco, cosa cambia?

«Ho cominciato con il teatro, da ragazzo recitavo con il Teatro delle Albe, il mio è quindi un ritorno al primo amore. Divido la narrazione con un attore professionista; mentre io porto avanti la storia vera e propria, Cuccurullo interviene aprendo squarci poetici, Gozzoli cura l’ambientazione sonora. La mia è una scrittura originale basata su una storia vera che non era mai stata raccontata integralmente. La scrittura nasce da una ricerca fatta pure di spostamenti, incontri, interviste a parenti e a persone che portano testimonianze di quel periodo».

Calcio, Romagna, ideali, cosa della storia di Bruno Neri più laffascina?

«Da un lato diventò un paradigma del mito dell’uomo giovane e atletico del regime; allo stesso tempo, mentre Mussolini tifava per lui, Neri stava organizzando la lotta armata, addirittura anticipando la Resistenza, insieme al cugino maggiore Virgilio Neri, suo riferimento, e capo partigiano sull’Appennino tosco emiliano. Nella finta squadra che Bruno allenava, cerano personaggi antifascisti come Silvio Corbari. Il suo fu un atto molto coraggioso, tanto più perché era ricco e famoso. La sua è una storia avvincente che va oltre gli stereotipi e che merita di essere raccontata, anche a giovani studenti».

Il nome di Bruno Neri non è però diventato di spicco come quello di altri antifascisti, perché?

«Perché lui non ha aderito ad alcun partito. Il suo gruppo era eterogeneo, cerano comunisti ma anche liberali, un monarchico, anarchici, ma non avevano una bandiera politica. Così nel dopoguerra nessun partito scelse la sua figura come esempio; a maggiore ragione noi oggi dobbiamo riportare alla luce questa storia dimenticata». Euro 15-12.

Info: 370 3685093

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