Brisighella paragonata alla Sicilia mafiosa: "Non è diffamazione"

Faenza

Paragonare a mezzo stampa Brisighella ai comuni siciliani che in passato omaggiarono i caduti delle famiglie mafiose, è stata una provocazione «alquanto infelice», ma non diffamatoria. È questa la decisione del giudice per le indagini preliminari Andrea Galanti, che ha archiviato le accuse nei confronti del giornalista di Repubblica Luca Bottura, e del consigliere comunale locale del Pd Luca Samorì, entrambi querelati dal sindaco Massimo Pederzoli.

La rubrica “incriminata”

A infastidire il primo cittadino, il 4 novembre 2019, era stata la rubrica “#BraviMaBasta”, pubblicata sul quotidiano con una critica pungente nei confronti dell’iniziativa patrocinata dal comune romagnolo. Nello specifico, il 2 novembre, per il giorno dei defunti, si era deciso di commemorare i Caduti per la Patria deponendo corone d’alloro in diversi monumenti, tra i quali anche la cappella degli Alpini, luogo di sepoltura di 16 combattenti della Divisione Monterosa della Repubblica Sociale Italiana. Bottura aveva ripreso la notizia scoccando la freccia e associando l’episodio agli omaggi floreali offerti in Sicilia nella cappella della famiglia di Totò Riina e dei clan dei Corleonesi. Non bastasse, l’affondo del giornalista era stato pure condiviso su Facebook dal consigliere comunale Samorì. Da qui dunque la doppia querela sporta dal sindaco per diffamazione aggravata, giunta in tribunale a Ravenna e approdata l’anno seguente alla richiesta di archiviazione presentata dal sostituto procuratore Silvia Ziniti.

L’archiviazione

Sottolineando l’ «inopportunità» del paragone e leggendo tra le righe dell’articolo un attacco personale alla propria reputazione e al proprio onore, il sindaco si era opposto alla richiesta della Procura tramite l’avvocato Carlo Benini, insistendo nel ritenere che fossero stati oltrepassati i limiti della continenza.

Diversa, tuttavia, la valutazione del giudice, anche alla luce di quanto sostenuto dai legali del giornalista e del consigliere comunale (il primo difeso dall’avvocato Paolo Mazzà del foro di Roma, il secondo dai legali Danilo Manfredi e Samuele De Luca). Secondo il gip la rubrica rientrerebbe nel «diritto di critica politica», attesa la «rilevanza sociale» dell’episodio narrato. Insomma, scrive il giudice, «pur ritenendosi di certo e indubbiamente infelice e malizioso il paragone tracciato da Bottura (...) l’articolo risulta complessivamente rispettoso dei parametri di rilevanza, veridicità e continenza».

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