Il termine Blue economy, oltre ad essere ampiamente utilizzato e promosso a livello europeo, è entrato anche nel lessico italiano. Ma se siamo tutti d’accordo che si fa riferimento allo sfruttamento, conservazione e rigenerazione dell’ambiente marino, in sintesi a una economia sostenibile, non è forse chiaro che è necessario di pari passo promuovere una Blue culture. Una cultura del mare indispensabile per una economia del mare. Perciò in una regione come l’Emilia-Romagna, con 120 km di costa a fortissima vocazione balneare, le economie del mare vanno scoperte e riscoperte, promosse e valorizzate, senza dimenticare che non c’è economia sostenibile, senza una adeguata cultura delle sostenibilità.
Economie del mare dell’Emilia-Romagna? Traffico mercantile (con Ravenna che è uno dei più importanti porti italiani), estrazione metanifera (con una delle più elevate concentrazioni di piattaforme del Mediterraneo), nuovi impianti eolici, che rappresentano una sfida tecnologica e ambientale ineludibile. Ma, tra le economie del mare, bisogna ricordare anche, e soprattutto per la sua plurisecolare tradizione, la pesca a cui negli ultimi decenni s’è aggiunta la maricoltura, attività con grandi potenzialità a impatto ambientale minimo, sempre che si risolvano alcuni problemi, primo tra tutti quello delle “calze” plastiche. Ma proviamo a fornire qualche elemento concreto.
Malgrado tante difficoltà la pesca professionale vede impegnate più di 500 barche, con oltre 1.500 addetti, che ogni anno sbarcano circa 20.000 tonnellate di pesci, molluschi e crostacei di primissima qualità. Un patrimonio economico e, insisto culturale, inalienabile. Una ricchezza gastronomica su cui poter sviluppare anche una destagionalizzazione del turismo, perché le stagioni migliori per la pesca sono autunno, inverno e primavera. Una pesca che si presta inoltre per la promozione di un turismo esperienziale, dove i porti, le barche e le genti sono un corpo economico vivo e interessante. Inoltre i pescatori sono storicamente le prime sentinelle del mare, perché da quell’ambiente dipendono, perché quell’ambiente lo vivono ogni giorno, 24 ore su 24. Certo le criticità ecologiche richiedono un’adeguata formazione e tutto il mondo della pesca, armatori, comandanti e marinai, devono fare uno sforzo educativo, anche per saper meglio comunicare agli altri il loro importante ruolo.
La maricoltura invece rappresenta un settore relativamente nuovo, almeno in Emilia-Romagna. Infatti a partire dalla metà degli anni Ottanta del Novecento si è sviluppata una delle più importanti mitilicolture europee. Parliamo di circa 60 imprese, con 320 addetti, per una produzione annuale di 20.000 tonnellate. Pesca e maricoltura hanno poi un indotto di notevole dimensione, sia in termini di occupati che di valore.
La sfida dei prossimi decenni è quindi quella di promuovere e integrare le attività tradizionali e quelle nuove della Blue economy, con una attenzione particolare alla cultura del mare. Un ruolo importante lo dovranno svolgere le scuola e le università, i centri di ricerca e le associazioni, i musei e le istituzioni marinaresche, in una relazione stretta con pescatori e maricoltori, con le loro cooperative e associazioni. Perché l’Adriatico è storicamente una florida peschiera, un mare ricchissimo di risorse, ambientali, culturali ed economiche.