I genitori di Teresa: la rivoluzione di chi non odia

Cesena

Le pagine locali dei social network vengono costantemente intasate dalla rabbia incontrollata di chi ha la convinzione, molto spesso sbagliata, di essere vittima di una sanità pubblica che non funziona. Non mi domando neppure a quante persone i medici stanno salvando la vita mentre attendo ore per un dito gonfio al pronto soccorso. Tiro fuori lo smartphone dalla tasca e vomito un po’ di rabbia in rete. Me la prendo con gli stranieri, che tornassero a curarsi al loro paese. Coi medici incompetenti, che di sicuro hanno avuto il posto grazie a politici corrotti, che tanto nella sanità si sa come funziona. Con le tasse, che è sempre meglio non pagarle, che tanto se ho bisogno davvero devo andare a pagamento. Giorgia Palazzo ed Emanuele Caldari, coniugi di Montiano, nel Cesenate, un caso di malasanità lo hanno subito davvero. Il peggiore possibile. La loro figlia “adottiva”, Teresa, lo scorso luglio è morta - stando alla perizia del tribunale, una sentenza manca ancora - perché un medico l’ha dimessa senza capire cosa avesse e perché il primo soccorso dell’ospedale di Cattolica, in cui la madre l’aveva portata e riportata, era carente delle strumentazioni basilari per formulare una diagnosi pediatrica adeguata alla sua malattia. Aveva cinque anni e un sorriso da spaccare il cuore. Giorgia ed Emanuele avrebbero diritto per il resto dei loro giorni a una quantità di rabbia sufficiente a distruggere l’intero sistema sanitario nazionale. A inondare Facebook con un mare di odio verso quel medico e chi l’aveva messo di guardia quel giorno. A riempire i mass media di denunce e di milioni di domande. Soprattutto una: perché avete fatto morire nostra figlia? Giorgia ed Emanuele quella domanda la conservano per le aule giudiziarie ma all’odio hanno scelto l’amore. Alla morte hanno preferito la vita, celebrando giovedì il compleanno di Teresa con un dono prezioso per i “bimbi piccoli piccoli”, come li chiamava lei, dall’alto dei suoi cinque anni, i prematuri: una culla termica speciale per il reparto di terapia intensiva neonatale di Rimini. “Il vuoto che ha lasciato Teresa non è colmabile ma sapere che il suo nome e la sua energia in qualche modo contribuiranno ad evitare a tante famiglie il nostro stesso dolore, ci aiuta a trovare un senso, concreto, a questa tragedia - ha detto la madre -. Insegniamo ai nostri figli a non coltivare la rabbia ma a trasformarla in qualcosa di positivo, ad usarla per cambiare ciò che è in nostro potere cambiare”. Nel 2018, nell’era del senso civico al minimo storico e del populismo ai massimi livelli, sono parole che andrebbe studiate a scuola, scolpite nella pietra, soprattutto perché a pronunciarle è stata una persona che ha ancora un oceano di lacrime da versare. Giorgia ed Emanuele avrebbero potuto gridare al mondo che il mondo fa schifo, e nessuno avrebbe potuto dar loro torto. Hanno invece messo in pratica la rivoluzione di chi non sa odiare perché ha compreso fino in fondo che non ha senso, che non porta a nulla di buono. È una lezione che non ha prezzo: il dolore che avrebbe avuto la forza di ucciderli lo hanno trasformato in speranza per altri genitori. Un gesto immenso. Hanno subito il peggior torto possibile dalla sanità ma anziché provare a distruggerla si sono impegnati per migliorarla nel nome della figlia che non hanno più. Ci si può solo inchinare. E ringraziare.

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