Biografia di Giulietta Masina firmata da Angelucci

Cultura

Nei primi anni di matrimonio la chiamava, anche con gli amici più cari, “patatina”. Nei sogni era anche “la fatina”. Ma erano angosciosi quelli in cui la vedeva morente. Quel suo corpo, così piccolo e perfetto, strideva con le donne corpulente così caratteristiche del set cinematografico e della scena onirica di Federico Fellini. Furono inscindibili Federico Fellini e Giulietta Masina, nonostante tutto.

«La verità è che Federico e Giulietta sono inscindibili nell’immaginario collettivo» scrive Gianfranco Angelucci nel suo “Giulietta Masina”, Edizioni Sabinae, in libreria da domani. Una biografia romanzata e sentimentale proposta in occasione del centenario della nascita dell’attrice e moglie di Federico Fellini. Per cercare di raccontare «la verità di Giulietta».

Nata a San Giorgio di Piano, nella cintura bolognese, il 22 febbraio 1921 (all’anagrafe era Giulia Anna Masina), all’età di quattro anni Giulietta venne mandata dai genitori Flavia e Tanino (che nel frattempo avevano avuto altri tre figli) a Roma, affidata alla zia Giulia, rimasta sola dopo la morte del marito (fratello della madre di Giulietta). È a Roma che, poco più che ventenne, incontrerà il quasi coetaneo (era nato un anno e un mese prima di lei) Federico Fellini. Si sposarono nel 1943. Nel marzo del 1945 ebbero un figlio chiamato Federichino che morì poche settimane dopo la nascita. Una ferita mai del tutto rimarginata.

Angelucci, chi era Giulietta Masina? Nel suo libro la racconta con grande amorevolezza, oltre che con cognizione di causa, complici i 25 anni di frequentazione che lei ha avuto con Fellini come aiuto regista.

«Premetto che il libro non vuole essere una monografia, una biografia in senso stretto. È una narrazione, il romanzo di una vita. La vita non di un personaggio qualsiasi, ma della donna che è stata accanto a Federico Fellini per oltre cinquant’anni. L’attrice che a livello mondiale è conosciuta per gli straordinari personaggi creati per lei dal marito, la Gelsomina de “La strada”, la straordinaria piccola e buffa prostituta de “Le notti di Cabiria”…».

Masina ha avuto anche una carriera di attrice in autonomia da Fellini, ma è difficile che la si ricordi su questo versante. Come mai?

«Essere stata al fianco e avere lavorato con una personalità così fuori misura come Federico Fellini l’ha indubbiamente fagocitata. Ma non si capisce la loro unione se non si ammette che era fondata su qualcosa di sacro, erano due anime inscindibili. E Giulietta, per Federico, ha sempre rappresentato un piedistallo, il suo contatto con la terra».

Nel libro torna a parlare della centralità di un film come “La strada” per capire Fellini e per capire il suo legame con la moglie Giulietta. Perché quel film è così importante?

«Fellini voleva fare “La strada” ancor prima de “Lo sceicco bianco” e de “I vitelloni”. Teneva tanto a quel film che era la storia di una ragazzina venduta dalla famiglia, allontanata e affidata allo sconosciuto Zampanò. Dietro alla storia de “La strada” c’è il segreto, il trauma di Giulietta».

Lo scenario di cui aveva parlato anche in passato, e cioè che in realtà la vera madre di Giulietta fosse una sua tata, ora nel libro resta come ipotesi poetica. Qual è dunque il trauma vissuto da Giulietta?

«Essere allontanati dai genitori da bambina non può non avere avuto effetti devastanti. Non c’è nessun intento di scandalizzare nel mio racconto. L’intenzione era di raccontare la Giulietta che non si conosce, infilarmi tra la maschera e il volto. E raccontare del legame indissolubile tra lei e Fellini».

Un legame comprovato e forte, nonostante i tradimenti.

«Ce ne furono anche da parte di lei. Con l’attore Richard Basehart, il matto de “La strada”. Ma mettiamo da parte il gossip. Dopo i film del grande successo internazionale, Masina proseguì nella propria carriera di attrice con film come “Nella città l’inferno”, al fianco di Anna Magnani, e come “Fortunella”, diretta da Eduardo De Filippo».

Che attrice era in quei film?

«In “Fortunella” c’è Federico come sceneggiatore, insieme a Pinelli e Flaiano. Era il tentativo di fare un sequel di Cabiria, ma mal riuscito. Fortunella è un po’ Cabiria e un po’ Gelsomina. Fellini non poteva certo permettere di perdere il controllo sulle proprie creature. Ma poi, quando Giulietta non è diretta da lui, si innescano i meccanismi dell’attrice, che invece lui non voleva. Certamente Giulietta cercò un proprio affrancamento».

Rifiutò un ruolo importante come quello da protagonista del film “La notte” di Antonioni. Perché?

«In effetti fu per lei un rimpianto fino alla fine. Ma non lo volle fare anche per paura che venisse usato contro Federico che aveva fatto “La dolce vita”».

Tra Gelsomina e Cabiria diceva di preferire quest’ultima.

«Amava di più Cabiria perché in Gelsomina vedeva la parte vittimistica mentre nell’altra c’è la prostituta, ingenua ma ribelle».

In occasione del centenario della nascita di Masina, lunedì 22 febbraio alle 18 la Cineteca del Comune di Rimini presenta in diretta streaming la biografia scritta da Gianfranco Angelucci.

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