Bevano Est protagonisti al Cantiere Poetico di Santarcangelo

Spettacoli

Entra nel vivo il programma del Cantiere poetico per Santarcangelo che fino al 12 settembre esplora la lingua della poesia attraverso Le voci dei maestri e degli allievi nei dialoghi tra arte e educazione. Si incomincia in mattinata per proseguire fino alle 18, in biblioteca, con il progetto del Teatro Patalò dal titolo Porta poetica. L’oracolo è un adolescente. Alle 21, allo Sferisterio, la lettura scenica nata dalla chiamata pubblica, “La poesia vive a Santarcangelo. Manutenzione quotidiana delle parole” a cura di Annalisa Teodorani, sindaca della Città della Poesia, con le musiche di Bevano Est. A seguire, dalle 23, il concerto del gruppo cesenate nato nel ’91, portatore attraverso l’uso di strumenti acustici e tradizionali, di un personalissimo stile che è un mischio di sonorità, ritmi e melodie. Titolo del concerto Graniglia dall’omonimo album ispirato alle danze popolari. Per saperne di più abbiamo sentito uno dei fondatori, Stefano Delvecchio.

L’edizione del festival poetico a cui prendete parte è dedicata ai maestri, per voi quali sono i maestri?

«La vita è la nostra maestra, stiamo con le antenne tese per cercare di imparare ogni giorno. Ne abbiamo avuti e ne abbiamo tanti ma non ne vorrei citare nessuno perché sono troppi e tutti importanti».

Insisto, almeno un nome.

«Beh, prima di tutto Mariangela Gualtieri ma anche il contadino vicino a casa».

E musicalmente?

«L’ambito è vasto perché siamo trasversali, abbiamo avuto maestri di stile, maestri di strumento, e anche in questo caso ci siamo guardati attorno senza preconcetti e senza limiti».

Il Cantiere è dedicato alla poesia. Voi con essa avete un sodalizio che viene da lontano, basti citare il lavoro insieme al Teatro Valdoca, a Gualtieri. Che dire in proposito?

«Eh sì. C’è un rapporto molto bello tra noi e la poesia. Perché un conto è fare musiche a tavolino con un inizio e una fine e un conto è lavorare sulle parole, sia in teatro che nel cinema. In questi casi le note si formano nel momento. Bisogna ascoltare le parole ed esse ti danno il “la”. E sono fortissime le emozioni che vengono stimolate dalle parole, noi ci lasciamo guidare».

Venite dalla tradizione musicale popolare poi avete intrapreso una strada singolare. Vi siete formati all’interno della Scuola di musica popolare di Forlimpopoli però da subito avete rivolto l’attenzione a una tradizione ampia e trasversale senza porvi il problema di una riproposizione filologica. Perché il vostro stile fonde i generi e osa accostamenti di tante melodie e ritmi?

«Tradire la tradizione è mantenerla viva. Se la mettiamo in una teca la imbalsamiamo e potrebbe perdersi. Certo la riproposizione filologica è molto importante, è un lavoro immenso ma è materiale con un alto valore didattico, noi pensiamo sia importante intervenire e dire la nostra».

Abbiamo parlato del vostro rapporto con la poesia e la parola ma altro elemento fondante è la danza. Voi fate ballare tutti!

«Non è sempre detto però riteniamo importante mettere le note sotto i piedi del pubblico così come in quello dei danzatori come abbiamo fatto con “Pour vous” con 11 danzatori contemporanei».

Quale sarà la scaletta di stasera?

«Prima faremo dei caroselli tra una poesia e l’altra e poi il concerto ma andiamo a braccio, cerchiamo di essere empatici, ci lasciamo guidare dal pubblico. Partiamo dall’ultimo disco e poi andiamo indietro nel nostro repertorio, facciamo anche cose di 30 anni fa».

E in quanti sarete sul palco?

«I tre fondatori: io, Giampiero Cignani e Davide Castiglia»

Però siete soliti allargarvi come l’organetto che suona lei.

«Noi siamo infantili e come bambini non siamo capaci di stare fermi, se c’è da sperimentare ci siamo sempre, ci piace metterci in gioco e aprirci ad altri musicisti così alle più varie collaborazioni, sennò è finita!».

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