Bertelli: «Voglio vincere l'America's Cup per gli italiani»

Dietro le sfide di Luna Rossa c’è lui: Patrizio Bertelli, nato ad Arezzo 74 anni fa. Grande appassionato di vela l’amministratore delegato del Gruppo Prada (oltre tre miliardi di euro di fatturato), marito di Miuccia Prada, ha sponsorizzato cinque campagne di America’s Cup riuscendo a vincere anche una Louis Vuitton Cup (il trofeo degli sfidanti). In questa intervista al Corriere Romagna spiega perché insegue il sogno di una vittoria da oltre 20 anni (il suo nome è iscritto nell’albo d’oro dell’America’s Cup Hall of Fame), quale rapporto lo lega allo skipper riminese Max Sirena e cosa rappresenta per lui la vela.
Bertelli, perché ha scelto Max Sirena? Le qualità che ha visto in lui?
«Ho conosciuto Max Sirena quando era ancora agli inizi della sua vita velistica, nel 1997, e quello che mi ha colpito maggiormente di lui sono la passione, la determinazione e l’umiltà: ha cominciato da subito in Luna Rossa ed è arrivato ai vertici del team, tutto per merito suo. Max è anche stato capace di essere sempre al passo con i molteplici sviluppi tecnici della Coppa e di saper amalgamare e gestire un team di Coppa America, che ha delle forti complessità».
È vero che nel primo incontro Sirena le si rivolse in modo un po’ sgarbato senza sapere di avere di fronte a sé Patrizio Bertelli? Cosa accadde?
«Sì, è vero, mi apostrofò e io gli risposi che non sapevo ancora se entro sera lo avrei tenuto o saremmo diventati amici…»
Cino Ricci, Raul Gardini, Max Sirena: molti dei protagonisti dell’America’s Cup sono dei romagnoli. Come se lo spiega?
«É una terra di gente appassionata, semplice e concreta, che va al nocciolo con determinazione e senza paura. Penso che per un romagnolo non esistano ostacoli che giudica insormontabili. I romagnoli hanno una simpatica forma di complesso di superiorità».
In passato Luna Rossa ha aiutato lo sviluppo della vela tra i giovani con diverse iniziative, questa politica continuerà e in che modo?
«La stiamo continuando con il progetto “New generation” che guarda al futuro del team Luna Rossa proprio per assicurare sia al team, ma alla vela italiana in generale, che tutto ciò che abbiamo imparato in questi vent’anni non sia fine a se stesso e venga tramandato e continuamente sviluppato».
Lei è un grande appassionato di vela. Quale è stata la navigazione o la regata fatta in prima persona che ricorda con più piacere? Dove ha tirato i primi bordi?
«Ho cominciato a Castiglione della Pescaia nei primi anni ’70 con un gruppo di amici con cui abbiamo iniziato a regatare sui VI^ Classe IOR. Ma sono tanti i momenti e le navigazioni che ricordo con piacere, tutti diversi tra loro ma ugualmente intensi, e non uno in particolare».
Cosa le piace di più della vela?
«La vela insegna innanzi tutto l’umiltà: non puoi mai essere sicuro di essere sulla strada giusta e devi rimetterti costantemente in gioco. Non hai a che fare solo con l’avversario, ma soprattutto con la natura e lo sviluppo tecnologico. Non ci sono certezze, ma lavoro e impegno».


Un protagonista della storia della vela che ha ammirato e ammira tanto?
«Dennis Conner, Russel Coutts sono tutte figure di riferimento, ma sono particolarmente legato a Torben Grael, con cui continuo a regatare sulle barche d’epoca: un grande velista, un grande campione e un grande amico».
In due parole cos’è per lei l’America’s Cup?
«É una sfida, ma è anche un progetto complesso in cui devono coesistere capacità e professionalità di altissimo livello in tutti i campi coinvolti. É un meccanismo difficile da mettere in piedi, ma ancor più difficile da gestire».
Perché vuole vuole vincere l’America’s Cup? Quali sono i motivi per cui una persona come lei si impegna così tanto?
«Voglio vincere l’America’s Cup per portarla in Italia e dare agli italiani un motivo di orgoglio. Come ci aveva scritto Peter Blake, vincere l’America’s Cup è quasi impossibile; quasi, ma non del tutto. É la difficoltà che dà un significato a qualsiasi avventura».

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