Benedetto Chieffo, disco-tributo al padre Claudio

Lo chiamavano “il Gaber cristiano”: Claudio Chieffo, cantautore forlivese scomparso a 62 anni nel 2007, con Giorgio Gaber viveva una solidarietà di temi e punti di vista pur nelle differenze di cultura e ideologia. Chieffo ha rappresentato infatti un punto di riferimento artistico per movimenti del cattolicesimo italiano come Comunione e Liberazione, e addirittura alcuni suoi brani sono entrati nella liturgia. «Ma le sue canzoni fanno vibrare il cuore anche di chi non condivide la sua strada e la sua storia, e sono diventate un patrimonio comune». Lo afferma il figlio Benedetto che ha curato il “Chieffo Charity Tribute”, un album tributo appena pubblicato, composto da oltre venti cover di Claudio Chieffo affidate a Massimo Bubola, Giovanni Lindo Ferretti, Gioele Dix e molti altri. I proventi della vendita del disco, al netto delle spese di produzione, saranno devoluti alla Esharelife Charity Foundation per i progetti in Kenya della fondazione Avsi. «L’idea di un tributo nacque dopo un concerto per l’inaugurazione della mostra su mio padre “A tutti parlo di te” – racconta Benedetto Chieffo – e le risposte positive da parte degli artisti sono state tante e anche sorprendenti: fra chi ha aderito ci sono infatti anarchici, buddisti e non credenti, che riscoprono la grandezza delle sue canzoni, le fanno loro e le regalano al mondo. Lo fa Luca Carboni, per esempio, con “Io non sono degno”, un brano esplicitamente religioso: la sua scelta ha suscitato anche qualche stupore, come mostrano i commenti sulla pagina Facebook di Claudio».

Quale criterio avete adottato quindi per le scelta dei pezzi e degli abbinamenti?

«Ho proposto agli artisti una rosa di brani, ma sono stati loro a decidere in base alla sintonia con i temi e le passioni trattati. Alcuni poi hanno scelto in autonomia, e questo mi ha reso felice perché cantare queste canzoni significa viverle, risvegliando qualcosa che era assopito, ma era dentro di noi».

Perché proprio adesso?

«È il momento giusto: proprio la fatica di questo periodo nel realizzare qualsiasi cosa e anche l’aggressività che si percepisce hanno fatto maturare il disco, e lo hanno reso necessario».

Una reazione che l’ha sorpresa?

«Quella di Marketa Iglovà, cantautrice ceca: nella proposta avevo dimenticato di mettere il mio contatto, ed è stata lei a cercarmi, via Facebook, con una convinzione che mi ha colpito».

E una interpretazione particolare?

«Quella di “Lontano”, dedicata da mio padre a don Francesco Ricci. L’avevo cantata nel 2014, ma la versione di Giorgio Conte e Alessandro Nidi mi commuove ogni volta che l’ascolto».

Il disco mira un po’ a dimostrare che suo padre è stato un cantautore senza etichette.

«Molte sue canzoni vanno al cuore del messaggio cristiano, ma tante altre sono semplicemente brani cantautoriali. L’etichetta di cantautore cristiano a suo tempo lo mise un po’ ai margini del mainstream, ma lui non ne soffrì mai. In realtà la sua arte si rivolge al cuore, alla ricerca di ogni uomo: e la partecipazione e l’amore di tanti artisti l’hanno dimostrato».

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