Bellaria, "quella notte del 1978 a fotografare gli ufo in spiaggia"

Archivio

Una vita degna di un film, titolo provvisorio “Incontri ravvicinati del terzo tipo”. Dalla Carrà agli Ufo, passando per Gianni Morandi, la sua firma è dietro agli scatti che hanno fatto la storia di Bellaria Igea Marina. Lui è il fotografo Elia Faccin che nei giorni scorsi ha festeggiato i 90 anni. Appena 18enne approdó dal Veneto in Romagna per fare la stagione da “Foto Pino”. Un’esperienza che rafforzò la sua vocazione e nel 1957 lo convinse ad affittare un negozio nell’Isola dei platani, per poi acquistarne uno nel 1964 nella centrale via Dante, dove ha lavorato fino a 81 anni suonati. L’archivio che racchiude migliaia di scatti degli anni d’oro della Riviera vanta anche oggetti volanti non identificati.

La nottata indimenticabile

L’episodio si registrò il 21 dicembre del 1978 non solo nella città di Panzini ma in varie zone del mondo, fino all’Australia. Racconta Faccin: «Era mezzanotte quando venni buttato giù dal letto dai carabinieri che mi chiesero di andare in spiaggia, armato di macchina fotografica dotata di un potente teleobiettivo». Poi l’imponderabile: l’equipaggiamento di Faccin va in tilt come bussole, radar e attrezzature delle navi e dei pescherecci che popolano le acque dell’Adriatico quella notte. L’Olympus OM2 si rifiuta di scattare bloccandosi con l’otturatore aperto. Una stranezza che nessuno ha mai saputo spiegare. «Le due pile si erano scaricate anche se le avevo appena cambiate», ricorda il fotografo. Superata la sorpresa, mentre sull’arenile si assiepano 200 persone infreddolite, torna a casa, cambia le batterie e prende una vecchia Leica. Con una tecnica da fotografo del secolo scorso riesce a scattare foto in sequenza alle luci che aleggiano sull’acqua per circa 4 ore. Rientrato a casa, la macchina riprende a funzionare. Le immagini faranno il giro del pianeta, pagate in dollari anche da un centro ufologico statunitense.

Generazioni di clienti

La figlia Cristina pesca dal molo dei ricordi: «Mio padre ha immortalato generazioni di bambini in vacanza con i genitori. Si recava in spiaggia con i peluche o la famosa conchiglia di rame dove venivano fatti accomodare i più piccini. All’epoca del film di Steven Spielberg “E.T.” si procurò anche il pupazzo gigante raffigurante l’extraterrestre». Passava le nottate a sviluppare i rullini. Successo di lunga durata anche come fotografo di matrimoni. «Al momento del banchetto – ricorda – tirava fuori le foto scattate quando a dire “sì” erano stati i genitori e i neosuoceri dei festeggiati moltiplicando le emozioni di tutti».

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