Bellaria. Pensionato assolto dopo un calvario giudiziario

L’assoluzione con la formula più ampia «per non aver commesso il fatto» è arrivata tre anni dopo quel giudizio immediato con cui la procura aveva chiesto di processarlo come unico colpevole individuato di un furto rocambolesco in una palazzina di Bellaria Igea Marina. Ad indicare l’imprenditore edile forlivese, oggi 78enne, come il palo di due ladroni (mai identificati) che si erano calati da una grondaia dopo aver ripulito l’appartamento, due testimoni, vecchie conoscenze delle forze dell'ordine riminesi, nei guai in passato per reati contro il patrimonio.

La storia

I guai per l’imputato, difeso fin da subito dall’avvocato Enrico Graziosi, iniziano a fine settembre del 2015. I banditi in fuga vengono visti salire su un furgone. I testimoni non perdono tempo, chiamano i carabinieri cui forniscono la targa del mezzo. Inseriti nel terminale, i numeri svelano che si tratta di un Ducato intestato appunto dell’imprenditore che continuava a lavorare nonostante fosse in pensione. Al proprietario nessuno chiede conto di niente fino al giorno in cui deve presentarsi davanti al pubblico ministero titolare dell’indagine che, senza tanti giri di parole, lo informa del perché è stato convocato. Su consiglio del proprio legale si avvale della facoltà di non rispondere. Non verrà più ascoltato fino al gennaio del 2018 quando si aprirà il processo a suo carico. L’accusa contestata è quella di furto aggravato in concorso con ignoti. Tra le prove schiaccianti contro di lui ci sono la proprietà del Ducato usato dai ladri ed il mezzo riconoscimento fatto da uno dei due testimoni che però, stando ai carabinieri, avrebbe avuto difficoltà a notare molti dettagli visto dove aveva dichiarato di trovarsi. Per fortuna dell’imprenditore, le indagini difensive hanno permesso di stabilire tutta un’altra storia. La sua impossibilità ad essere presente in quel posto a quell’ora è stata testimoniata dai tabulati telefonici: la cella più vicina agganciata dal suo telefono era a 12 chilometri di distanza. All’imputato veniva contestato anche di aver avuto molti contatti telefonici con pregiudicati nei giorni precedenti il colpo. Cosa confermata dallo stesso, ma per un motivo: era personale alle sue dipendenze di cui però non conosceva (e non doveva essere tenuto) a sapere i trascorsi criminali. E suoi ex collaboratori sono risultati in fase dibattimentale anche i due testimoni: con loro i rapporti non si erano chiusi nel migliore dei modi.

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