Barche storiche a Rimini: "Aiutateci o andrà tutto perduto"

«Così non si può più andare avanti. Se nessuno ci darà una mano rischiamo di perdere un patrimonio storico e culturale molto importante per Rimini». L’Associazione Vele al terzo Rimini lancia l’allarme. Il presidente Alberto Cecchetti e i consiglieri Gianmaria Mondaini (tesoriere) e Andrea Ambrosani fanno un appello al Comune. «In tutte le altre realtà romagnole», spiegano, «da Cattolica a Cesenatico, da Bellaria a Cervia, le istituzioni pubbliche investono su questo patrimonio storico, culturale e anche turistico. Se a Rimini non vogliamo che tutto vada perduto è giunto il momento di investire risorse. Tanto per fare un esempio, si calcola che l’indotto del Museo della marineria e della flotta delle barche storiche di Cesenatico migliori a tal punto l’immagine della città che è come se si spendessero ogni anno 15 milioni in promozione. Certo non vogliamo fare doppioni ma perché in tutti gli altri comuni si vedono i sindaci impegnati in prima persona e qui invece no? Ci sentiamo abbandonati...».

Vent’anni di volontariato

L’associazione, nata nel 2003, negli ultimi anni ha recuperato e restaurato il lancione Amarcord del 1952 (12,5 metri di lunghezza ), la batana Pieradel 1970 (8,60 metri), la lancia Giuliano del 1949 (8,80 metri). Un’altra batana è stata affidata alla gestione del museo E’ Scaion di Viserbella e un trabaccolo di 10 metri (l’Arcioun, costruito nel 1990 su disegno originale) è di proprietà di Mondaini. «Per aiutarci non pensiamo solo a contributi dal Comune. Per noi può già essere importante avere un aiuto per partecipare ai bandi europei, nazionali e regionali, o altro ancora, dove si possono ottenere finanziamenti». Lo scopo dell’associazione, circa una quarantina di soci, è quello di mantenere viva la tradizione dell’andare per mare con la vela al terzo e la flotta della marineria storica dell’alto Adriatico, portando in mare le barche e le persone, spesso anche in collaborazione con progetti di solidarietà. In una rete con le altre associazioni, la Mariegola della Romagna, si tengono vivi i rapporti con le flotte degli altri porti e insieme si organizzano momenti conviviali molto spettacolari quando prendono il largo le vele con i disegni delle storiche famiglie della pesca romagnola. «Al momento l’unico contributo che riceviamo arriva da Visit Rimini perché le nostre iniziative sono inserite nel calendario degli eventi estivi di interesse turistico culturale. Ma a noi non basta».

Un preventivo da 100mila euro

Le barche richiedono una costante manutenzione ed essendo fatte in legno e accessori storici i costi sono molto alti. «Fino a oggi abbiamo affrontato i lavori con molto volontariato ma quando si rendono necessari lavori di manutenzione straordinaria non può bastare la nostra buona volontà. Diventa necessario rivolgersi a professionisti che hanno sia le competenze sia macchine e attrezzi necessari a certi interventi. Solo per Amarcord abbiamo un preventivo che si aggira sui 100mila euro».

I costi della bandiera italiana

Il problema non consiste tanto nel fare carena, nel rattoppare le vele o sostituire un bozzello, tutti interventi di cui si fanno carico i soci, ma in quei lavori più complessi come può essere per esempio la sostituzione del fasciame. E si tratta di lavori che se non vengono realizzati rischiano di compromettere la possibilità di navigare, uno degli scopi dell’associazione che è proprio quello di rendere vivo tutto questo patrimonio storico. Ogni spesa però rischia di mettere in difficoltà l’associazione e i suoi soci. Diventa difficile persino mettersi a norma con le dotazioni di sicurezza richieste per battere bandiera italiana molto più stringenti e costose rispetto ad altre nazioni come la Polonia.

Le idee

Le idee comunque non mancano. «Oggi le nostre barche sono sparse fra il porto canale e il Marina di Rimini. Sarebbe bello individuare un unico luogo dove riminesi e turisti possano vedere tutte le nostre barche storiche». Un altro bel proposito riguarda il Marin Faliero, il trabaccolo costruito a Rimini nel 1899 e lungo 20 metri recuperato dai fondali di un canale nel Veneto. «Attualmente è in secco sotto la tutela della Soprintendenza. Ma basterebbe farsi carico delle spese di trasporto e avremmo un bellissimo scafo da poter esporre in uno spazio museale... Le idee insomma non ci mancano, ma abbiamo bisogno di aiuto... O dobbiamo portare le barche riminesi a Cesenatico?».

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