Bambini e genitori a confronto: qual è il significato delle bugie?

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‘Il vaso è caduto da solo, io non ho fatto proprio niente!’ oppure: ‘Non sono stato io a mangiare l’ultimo pezzo di torta!’ Sono fantasiose, incredibili e talvolta fanno sorridere le bugie pronunciate dai bambini, anche se spesso mettono in crisi schiere di genitori e nonni che non sanno come gestirle. «Le bugie rappresentano un aspetto evolutivo della crescita di ogni bambino - spiega Sandra Nicoletti, psicologa - psicoterapeuta attiva sul territorio e che collabora con il Servizio SERES per problematiche scolastiche ed educative presso il dipartimento di Psicologia dell’università di Bologna - come dice Piaget imparano ‘inventando e quindi mentendo’. Il fare finta è un passaggio evolutivo necessario e fondamentale nello sviluppo cognitivo del bambino. Il classico ‘no’ pronunciato dal bambino rappresenta anche un modo per affermare la propria identità, così scopre di avere una mente propria. Inizialmente non sono delle vere bugie, almeno fino a quando il bambino non è in grado di distinguere tra reale e immaginario. Questo stile di pensiero viene definito da Piaget pensiero magico o egocentrismo infantile. La menzogna compare solo successivamente quando il piccolo comincia a percepire la differenza tra vero e falso e inizia intorno ai 6 anni, periodo in cui comincia a svilupparsi anche il giudizio morale». Sono molte le motivazioni per cui i bambini dicono le bugie. «Si dicono per evitare un castigo, che può rappresentare la conseguenza di un’azione commessa; per cancellare una colpa, atteggiamento molto presente dopo i 7 anni; possono indicare la paura del giudizio e della disapprovazione dei genitori e possono rappresentare una difesa nei confronti dell’atteggiamento intransigente dei genitori. Come già detto, intorno ai 4 anni, i bambini utilizzano di frequente il pensiero magico per dare spiegazioni e interpretazioni a ciò che accade, e anche per coprire un maldestro che hanno combinato, come se negandolo non esistesse». Le menzogne seguono di pari passo lo sviluppo cognitivo del bambino e diventano sempre più intenzionali. «Verso i 6 anni i bambini comprendono che esistono differenti punti di vista e cominciano a mentire in maniera più raffinata. Mentire presuppone mettersi dal punto vista della vittima, capirne la reazione e fare previsioni sulle conseguenze del proprio comportamento. Si tratta di un tentativo deliberato di ingannare per trarre qualche vantaggio o per togliersi da una situazione complicata». Le bugie potrebbero essere la manifestazione di varie emozioni come la paura. «Gli adulti dovrebbero cercare di comprendere che cosa c’è dietro quella menzogna, capirne le motivazioni, se il loro comportamento è guidato dal timore delle conseguenze delle loro azioni, come si sentono, senza incolparli». Qualche volta le bugie rappresentano un modo per difendere il proprio ‘spazio’. «Soprattutto nella fase della pre-adolescenza e dell’adolescenza mentire significa anche proteggere la propria privatezza e autonomia. In questo periodo ci sono molti ‘non detti’, cose taciute riguardanti la propria vita interiore che diventa un luogo dove custodire segreti, che non è di facile accesso per i genitori». Quasi mai le bugie dei piccoli dovrebbero destare preoccupazioni. «Fanno parte di un percorso evolutivo normale, diventano problematiche quando il soggetto, attraverso le menzogne, cerca di attirare l’attenzione dei genitori; pensa di non essere compreso nei propri errori e quindi mente; oppure quando nel tentativo di affermare la propria identità, comincia ad assumere comportamenti a rischio come l’uso di alcol, fumo e frequentazioni pericolose. Questi sono indicatori di una problematicità nel dialogo e nel rapporto di fiducia tra genitori e figli, per cui le indicazioni per i genitori sono di mantenere sempre aperto lo scambio comunicativo e soprattutto rappresentare un modello positivo».

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