Rimini, balneari: indennizzi sulla base dei conti, la rabbia dei bagnini

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Anni e anni di discussioni, proposte, proteste. E alla fine il testo portato, ieri, in commissione Senato, dal vice ministro Gilberto Pichetto (Forza Italia) scontenta i bagnini. Per la «fumosità» della soluzione prospettata, ma non ancora ufficializzata dal voto (è all’esame dei gruppi parlamentari), e soprattutto perché considerata «fortemente penalizzante». Stiamo parlando dell’emendamento “balneari” inserito nel ddl Concorrenza, che il premier Draghi vorrebbe portare all’approvazione del Parlamento entro il 31 maggio, pena il voto di fiducia (la preoccupazione del primo ministro, infatti, è quella di evitare di non rispettare i tempi e perdere i fondi del Pnrr). Un documento, quello governativo, che prevede la messa a gara delle concessioni balneari entro il 31 dicembre 2023 - come già stabilito da una sentenza del Consiglio di Stato -, con la possibilità di deroga, causa contenziosi, di un anno, non oltre, però, il 31 dicembre 2024. Non solo, ed è questo il punto controverso: l’indennizzo a favore delle aziende balneari, che non ottengono il rinnovo della concessione, dovrà essere calcolato «sulla base delle scritture contabili o su una perizia giurata redatta da un professionista abilitato che ne attesti la consistenza». Indennizzo che dovrà essere parametrato «alla perdita dell’avviamento connesso ad attività commerciale o di interesse turistico, del valore residuo dei beni immobili oggetto di investimenti per l’esercizio dell’impresa». Esclusi dal calcolo i beni abusivi.

Levata di scudi

E’ subito bagarre. Immediata scatta l’alzata di scudi dei bagnini. Da Viserba a Riccione, passando, naturalmente, per Rimini. Sbotta Giorgio Mussoni, presidente della cooperativa Bagnini Rimini nord: «E’ una vergogna. Una presa in giro per tutti noi. Indennizzo? Noi vogliamo il giusto riconoscimento del valore dell’impresa. Della nostra professionalità. Questo bagno lo ha creato mio nonno ed io l’ho portato avanti. E se oggi ha un valore è grazie al lavoro e al sudore versato da tutta la mia famiglia. Per decenni. E poi cosa vorrebbe dire quel “valore residuo dei beni immobili oggetto di investimenti per l’esercizio dell’impresa”?. Ve lo dico io cosa significa: vuol dire che vogliono riconoscerci soltanto il valore degli ombrelloni, dei lettini e di qualche altro bene. Peraltro svalutatosi negli anni. Nient’altro. Almeno lo scrivessero chiaro».

Il sudore dei bagnini

Un coro unanime quello che si alza dalla Riviera. Un grido carico di stizza e risentimento. Fa notare Diego Casadei, presidente della cooperativa Bagnini di Riccione: «Qui si dimentica che se la spiaggia ha un valore è grazie al nostro lavoro e soprattutto alla nostra professionalità. Che deve esserci riconosciuta. Se in Italia il turismo ha raggiunto i livelli di oggi è anche grazie ai tanti bagnini che per decenni hanno investito, sudato, lavorato sull’arenile per garantire servizi d’eccellenza e di alta qualità ai clienti, italiani ed europei. Questo non va dimenticato». Comunque, Casadei non demorde e attende il varo ufficiale del testo. «Spero che alla fine venga modificato e ci venga finalmente riconosciuto il valore d’impresa». Ed è proprio questo il nodo, il punto controverso della questione: il valore commerciale dell’azienda, che i bagnini vorrebbero fosse parametrato a una qualsiasi attività, un negozio d’abbigliamento, un locale, un albergo. Valgono sì i beni immobili (ad esempio, gli arredi), ma vale anche, e ancor di più, quello che l’azienda rappresenta: libri contabili, certo, ma anche, e soprattutto, clientela, posizione: centrale piuttosto che periferica, autorevolezza, buon nome dell’azienda. Insomma, un mix di beni immateriali di cui i bagnini chiedono il riconoscimento. Spiega Mauro Vanni, presidente Confartigianato balneari: «A prescindere dalla fumosità del testo, quello che più ci preme, come categoria, è che ci venga riconosciuto il valore commerciale dell’impresa. Cosa che non traspare dal passaggio in cui si parla di indennizzo riconosciuto in base ai libri contabili. Faccio un esempio: se un anno una qualsiasi azienda italiana chiude il bilancio in perdita, oppure riesce ad ammortizzare tutti gli investimenti, non vale più nulla? Perde tutto il suo valore commerciale? Un’attività – conclude, quindi, Vanni – non la si pesa soltanto dai fatturati che fa, perché un anno possono andare bene, poi, magari, precipitano per una congiuntura negativa, vi dice niente il covid? Ma da quello che rappresenta, dal suo nome, dalla sua credibilità. Insomma, dalla sua forza sul mercato». Mentre la Confcommercio esprime dubbi sul testo del governo in materia di riforma delle concessioni balneari (leggi altro articolo), il M5S si dice soddisfatto. Per due differenti modi di approcciare il problema. Attacca Gianni Indino, presidente provinciale Confcommercio: «Siamo per la tutela delle imprese italiane. E sulle evidenze pubbliche fatte così abbiamo delle riserve: oggi non ci sono le condizioni per un provvedimento di questo tipo».

Allarme imprese

Il responsabile dell’associazione commercianti si dice preoccupato «per le decine di migliaia di attività (circa 30mila, ndr) che dovrebbero andare a bando: con la burocrazia italiana è quasi impossibile, ci vorrebbero anni e anni». E propone: «sediamoci tutti attorno ad un tavolo e prendiamo il tempo necessario per intervenire. La parola d'ordine è “salvaguardia delle imprese” altrimenti si rischierebbe di vanificare il lavoro di una vita che si tramanda di generazione in generazione. Per questo – chiosa Indino - l'offerta deve continuare così, ogni stabilimento balneare ha la sua storia che con la riforma viene meno, con aziende non italiane e un business freddo e senz'anima».

Sì del M5S

Plaude, invece, all’emendamento Picchetto (il viceministro che lo ha presentato ieri in commissione Senato) il senatore del M5S, Marco Croatti: «Il testo è un buon compromesso, che recepisce molte proposte del Movimento 5 Stelle. Entro il primo gennaio 2024 si aprirà un nuovo sistema di gare pubbliche, che pone fine al regime delle proroghe infinite, sostenute per fini elettorali da alcune forze politiche, che hanno costretto le imprese a vivere nell’incertezza, con canoni di concessioni irrisori per lo Stato, e con utenti costretti a pagare prezzi esosi per i servizi ricevuti. Come abbiamo già sostenuto – conclude il parlamentare pentastellato - in queste settimane abbiamo cercato di coniugare una maggiore tutela degli interessi dello Stato, delle imprese virtuose, dei lavoratori e soprattutto dei cittadini e degli utenti di queste attività».

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