Bagnacavallo, lei per gelosia gli straccia l’abito, lui le lancia il telecomando e la sfregia sul volto

In tribunale, estratti da una sporta, vengono mostrati ai giudici i vestiti da cerimonia ridotti a brandelli. Lunghe stelle filanti di abiti tradizionali senegalesi, tagliati a colpi di forbici. Si potrebbe pensare a un processo per danneggiamento. Niente affatto. Piuttosto è uno dei motivi per i quali, nell’aprile dell’anno scorso, l’ennesima lite furibonda tra coniugi è costata a un uomo di 53 anni il rinvio a giudizio per maltrattamenti in famiglia e sfregio permanente al volto della consorte. Ieri la prima udienza, davanti al collegio penale presieduto dal giudice Antonella Guidomei, durante la quale è stata ascoltata la moglie dell’imputato, dalla quale è formalmente separato, costituitasi parte civile con l’avvocato Alessandra Giovannini. In aula ha raccontato la convivenza difficile che ha portato la Procura a contestare mesi e mesi di violenze psicologiche che avrebbero ridotto la moglie a vivere in una condizione di sudditanza e sottomissione.

La donna ha anche parlato delle lesioni riportate nella più violenta delle discussioni domestiche, avvenuta il 7 aprile del 2023. In quell’occasione il marito le avrebbe lanciato un telecomando, colpendola all’altezza dello zigomo, per poi continuare con pugni sia al viso che in pancia, infine afferrandola con entrambe le mani al collo e minacciandola di morte.

In aula, la vittima ha riferito di provare vergogna per la cicatrice di 4 centimetri visibile sul volto, e di fare fronte all’imbarazzo cercando di coprirla con i capelli.

La moglie “parallela”

Quel che è anche emerso, sono le ragioni della lite, rimarcate anche dalla difesa dell’imputato, assistito dagli avvocati Matteo Olivieri ed Elena Fenati. Secondo i legali sarebbe nato tutto in seguito alla gelosia manifestata dalla donna. Non accettava - questa la tesi difensiva - che il marito avesse un’altra moglie in Senegal. Ieri è stata lei stessa a fare riferimento a un presunto accordo firmato dal marito nel quale l’uomo avrebbe rinunciato ad avere più relazioni matrimoniali. Eppure, quando ormai un anno fa ha assistito a una telefonata tra il coniuge e l’altra moglie, si sarebbe alterata.

E qui torniamo ai vestiti stracciati. Il 53enne li aveva acquistati per partecipare indossando abiti della tradizione senegalese in occasione di un battesimo al quale era stato invitato. Giorni dopo la cerimonia, gli indumenti erano scomparsi. Li avrebbe ritrovati per puro caso lui stesso mettendosi un giorno in ginocchio a pregare; chinandosi in avanti, aveva notato gli stracci nascosti sotto il letto, tutti tagliati. La donna ha ammesso di essersi rivalsa proprio sui tessuti del marito usando le forbici, pur negando invece le violenze reciproche di cui parla la difesa dell’imputato. Secondo l’uomo, nella corso dell’ultima discussione, sarebbe stata la donna per prima a scagliare il telecomando andando a danneggiare il televisore di casa. A quel punto sì, il 53enne le avrebbe lanciato lo stesso oggetto, colpendola al viso.

Lo sfregio permanente

Inizialmente le accuse non contemplavano lo sfregio. Era stata una successiva riqualificazione a ravvisare nella cicatrice - associata a 10 giorni di prognosi - gli estremi per modificare il capo d’imputazione su richiesta della parte offesa e proposta dal sostituto procuratore Francesca Bugané Pedretti. Anche su questo punto dovranno esprimersi i giudici.

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