Bagnacavallo, lancia il telecomando in faccia alla moglie e prende 4 mesi: “Una cicatrice, ma non uno sfregio”

Una ferita permanente al volto. Una cicatrice, ma non uno sfregio. Una differenza sostanziale, che ieri ha cambiato l’esito del processo nei confronti di un 53enne accusato di maltrattamenti in famiglia e lesioni personali aggravate - secondo una prima ipotesi accusatoria -appunto da una ferita tale da deturpare in maniera irreversibile il viso della moglie.

La perizia medico-legale disposta dal tribunale ha invece escluso lo “sfregio”, parlando di un «segno permanente» che non altera sensibilmente l’estetica del volto. Una conclusione che ha portato il pubblico ministero Raffaele Belvederi a chiedere l’assoluzione da tutti i capi d’imputazione.

La Corte - collegio penale presieduto dalla giudice Antonella Guidomei con i giudici Natalia Finzi e Cosimo Pedullà - ha assolto l’uomo dall’accusa di maltrattamenti, ma lo ha condannato a 4 mesi di reclusione (pena sospesa) per le lesioni, disponendo anche un risarcimento provvisionale di 4mila euro alla parte civile.

Nel corso dell’udienza di ieri l’imputato si è sottoposto a esame, negando sia i maltrattamenti che il gesto contestato: avrebbe cioè scagliato un telecomando in volto alla moglie durante un litigio avvenuto all’inizio del 2023. Un presunto scatto d’ira che la vittima ha sempre descritto come intenzionale e particolarmente violento, tale da lasciare un segno visibile sul viso.

Nelle udienze precedenti erano state sentite due operatrici dei centri antiviolenza Demetra e Sos Donna, che avevano confermato il racconto della donna, parlando di un contesto familiare segnato da paura, sopraffazione e violenza. Anche la datrice di lavoro della vittima aveva riferito delle confidenze ricevute, sottolineando come la donna fosse solita indossare abiti coprenti per nascondere i lividi.

Secondo la difesa, rappresentata dagli avvocati Matteo Olivieri ed Elena Fenati, le tensioni tra i coniugi erano reciproche, e la lite sarebbe degenerata per colpa di entrambi. Sullo sfondo, i dissidi familiari legati alla presunta presenza di una “moglie parallela” in Senegal, elemento che aveva aggravato il clima all’interno della coppia.

Pur escludendo le accuse più gravi, i difensori dell’imputato valuteranno se fare ricorso, insistendo sull’innocenza dell’uomo anche relativamente alle lesioni. Di tutt’altro avviso la parte civile, rappresentata dall’avvocata Alessandra Giovannini, che fino all’ultimo ha insistito sulla gravità e sulle conseguenze delle ferite procurate dall’uomo.

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