Avete presente la sedia Thonet?

Cultura

RIMINI. La sedia n.14, disegnata da Michel Thonet nel 1859, è composta da sei pezzi di legno di faggio curvato a vapore, dieci viti, due dadi e la seduta del telaio circolare realizzata con paglia di Vienna intrecciata. Giovanni Renzi, il massimo esperto della produzione Thonet, ne racconta l’affascinante storia sul web. Premiata con la medaglia d’oro all’Esposizione Mondiale di Parigi 1867, la n.14 incontra il favore del pubblico per l’eleganza, la leggerezza e la robustezza che la caratterizzano: tra il 1860 e il 1930 se ne vendono oltre 50 milioni. Fra le più famose quelle impiegate nelle loro esibizioni da Marlene Dietrich nell’Angelo azzuro nel 1930, da Liza Minnelli in Cabaret nel 1970 e da Jennifer Beals in Flashdance nel 1983.
Presentata l’anno dell’Esibizione Universale di Filadelfia, il modello n. 18 nasce nel 1876. Differisce dalla n.14 per l’inserto nello schienale fatto “a forcina” e fissato direttamente al telaio della seduta e ne bissa il successo internazionale. Entrambe le sedie diventano soggetti raffigurati da tanti artisti.
È sicuramente una n.14 quella sulla quale siede il conte Andrea Baldini ritratto al cavalletto da Demos Bonini (Rimini 1915-1991) nel 1945. I due dipingono spesso insieme all’aperto nei dintorni della città o nella soffitta del palazzo Baldini e con loro anche Primo Amati, autodidatta e buon pittore. Dopo la morte di quest’ultimo a Viserba sotto i bombardamenti nel 1944, Demos e il conte continuano a frequentarsi con assiduità e a lavorare insieme. Già nel 1942 Bonini aveva dipinto “Interno con vestiti” dove figurava una n.14. Un quadro che lui stesso giudica importante: «Un attaccapanni in ferro, una vestaglia , una giacca, una sedia… nel quadro c’è personalità, c’è vita pure senza la presenza di persone», scrive. Forse è la prima rappresentazione che diventerà caratteristica della sua principale produzione futura. Su una n.14 “Dickson fece accomodare Doroty e Giorgio… Z” nell’elegante e lussuosa sala da ballo ritratta da Renato Zavagli Ricciardelli delle Caminate, in arte René Gruau (Rimini 1909 – Roma 2004) nel 1933 per illustrare la novella di Curio Mortari “Quella notte ad Harlem”. Una figurazione eseguita da un Gruau da poco trasferitosi a Parigi, con lo stile corrente in quegli anni, ben diverso da quello brillante per il quale è famoso. Si tratta invece di una n.18 la sedia sulla quale è accomodato in atteggiamento sfacciatamente provocatorio Filippo Tommaso Marinetti, frequentatore abituale della Romagna, fotografato sulla terrazza del Kursaal di Rimini nel 1915. Alla foto balneare del fondatore del movimento futurista fa riferimento il ritratto eseguito, da Francesco Cangiullo (Napoli 1884 – Livorno 1977), collega e amico di Marinetti, il quale aveva esordito con lui e Giacomo Balla come pittore e scultore nella Esposizione Libera Futurista Internazionale di Roma nel 1914.
Famosa come sedia da bistrot, la n.18 si ritrova in alcune opere di Alberto Sughi (Cesena 1928 – Bologna 2012), il grande pittore della solitudine e dell’alienazione umana, il quale ritrae spesso i suoi personaggi all’interno di bar e caffè. La solare pittura del bottaio Guglielmo Galbani (San Martino dei Mulini 1908-2005) immortala la n.18 contro il muro quale supporto per le sue nature morte, offrendo immagini ingenue, sincere e piene di vitalità.

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