Autotrasporto: è una corsa a ostacoli e la partenza è in salita

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Autotrasporto: non si trovano nuovi “padroncini” perché i costi superano ormai i guadagni. Gli aggravi fra costo del gasolio e adblue sono pesantissimi e toccano il +35% rispetto ad anno scorso ma sono solo una celebrata vetta dell’iceberg. Perché la difficoltà per gli imprenditori della logistica, ormai insormontabile, è data dall’accesso alla professione. Tre patenti non bastano, serve la certificazione di capacità professionale. Quindi c’è un corso che deve attestare, addirittura, “l’onorabilità” del conducente. Senza essere ancora arrivati ai costi fidejussori per acquistare un mezzo, di per sè oneroso.

Una situazione difficoltosa, al limite dell’ingestibilità, che gli addetti ai lavori conoscono bene. Pier Nicola Ferri, funzionario Lavoro e Servizi di Confcooperative Romagna, si è però preso la briga di mettere in fila tutti i costi. Concentrandosi, in vero, su quelli necessari “per partire”. Ed i numeri parlano da soli.

Sicuramente, in questa fase, il mondo dell’autotrasporto era salito agli onori delle cronache per l’incidenza di lavoratori non vaccinati e in condizioni molto meno semplici, rispetto a qualsiasi altra professione, per fare il tampone per il green pass. Ma Ferri precisa che quell’aspetto della problematica è ormai veramente residuale «fra le nostre cooperative la percentuale è gestibilissima. Parliamo di unità su centinaia di autisti. Nulla più».

La situazione è diventata gravosa, invece, per la vita stessa delle aziende, che faticano a nascere per i costi iniziali. Innanzitutto va precisato che la visione “leggendaria” del camionista che, a fronte di tante ore lavorate con impegno e sacrificio, riuscisse a conquistarsi un bel gruzzolo mensile è superata dai fatti, da almeno vent’anni: «I pochi che vengono assunti dalle cooperative come dipendenti sono considerati fortunati – spiega Pier Nicola Ferri -. Perché tutto sommato, vista la difficoltà di reperire personale, vengono pagati anche 2500 euro netti al mese». Quelli che girano con un mezzo proprio invece, i cosiddetti padroncini, necessitano di entrate superiori, visto le uscite da sostenere: «I costi iniziali sono altissimi e rappresentano un unicum europeo. Da tempo i nostri imprenditori ci chiedono di combattere una battaglia per snellire il prezzo della burocrazia, che è davvero alto». Il funzionario responsabile di Lavoro e Servizi di Confcooperative li enumera con precisione: «Non c’è solo da prendere la patente B, poi la C. Bisogna sostenere anche l’esame per la Ce, ma non è finita. Dopo giunge la certificazione Cqc, che attesta la capacità professionale ed è sostanzialmente un doppione della patente: 1700 euro. Ma non è finita: c’è da sostenere un corso che attesti il requisito di onorabilità. Anche questo un migliaio di euro. Poi – prosegue la lista Ferri – va acquisita la licenza. Normalmente costa 11mila euro, con un migliaio di euro di notaio».

E così, dopo aver fatto le patenti, i cui esami sono tutt’altro che banali, sfioriamo 14mila euro di aggravi sostenuti. E ancora non abbiamo un mezzo per lavorare: «Il costo minimo per un tir? Sono 50mila euro per un usato passabile. Ma ci sono i costi fidejussori per detenerlo: 9mila euro per un primo mezzo, 5mila per ogni altro mezzo». Ovviamente l’azienda non è ancora partita e abbiamo già 64mila euro spesi e almeno 9mila immobilizzati. Un grosso costo da ammortizzare: «Molti sostengono che finita questa generazione di camionisti, non ce ne saranno altri o quasi – paventa Ferri -. Per questo il pur opportuno sgravio contributivo di 1.500 euro, previsto nella bozza della legge di bilancio, per i nuovi imprenditori del settore è qualcosa, ma non basta. C’è bisogno di uno sforzo congiunto delle rappresentanze per chiedere una liberalizzazione delle licenze, ed un esame di difficoltà adeguata, senza doppioni. Quello della logistica è un settore strategico e in Romagna, con lo sviluppo del porto, ne avremo particolare bisogno. È ora di far sentire la nostra voce”.

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