Aure cesenati

di CLEDES MOSCATELLI

Composizioni che riemergono dal buio e ritornano alla luce, dallo spartito rivivono tramite l’esecuzione e l’anima dell’interprete. Sono pagine musicali che ci riportano alla storia di un patrimonio di cultura e di tradizioni di una città offrendo stimoli vitali al presente. Non solo un’operazione culturale di pregio da non disperdere lo svolgersi del concerto organizzato per la stagione musicale del teatro Bonci che ha portato alla ribalta un programma di musiche inedite di compositori cesenati, riscoprendo un ampio arco storico di musica italiana della prima metà dell’Ottocento sino ai tempi recenti del Novecento, ma una riuscita serata di ascolto musicale. Musiche sedimentate, tratte dallo storico archivio della biblioteca musicale dell’Istituto Musicale Arcangelo Corelli, in grado di gareggiare anche grazie al buon livello esecutivo offerto dagli interpreti, con quelle famose di grandi musicisti da noi tutti amati, e forse come idea che potrebbe trovare realizzazione, di affiancarle nell’ascolto. Al ritmo di un ampio Walzer di Concerto op.8 di Ferdinando Ghini, che fu un illustre flautista della seconda metà dell’Ottocento, composto per flauto e pianoforte, l’introduzione al concerto, che ha ritrovato nella puntuale esecuzione di uno stile raffinato e brillante mitteleuropeo da parte del flautista cesenate Yuri Ciccarese e del pianista forlivese Pierluigi Di Tella un’attitudine ad un genere, foriero nella zona romagnola di ulteriori sviluppi. La pagina tripartita poi del Notturno per flauto, violino, violoncello nell’esecuzione di Ciccarese, Luca Dalsass, Giovanni Costantini ha portato alla ribalta la figura più rappresentativa del contesto cesenate di Nicola Petrini Zamboni, che nell’Italia del primo Ottocento ebbe un ruolo di primo piano come primo violino e contribuì alla nascita del futuro direttore d’orchestra. E sarà successivamente per il finale del concerto, proprio la Gran Sonata, destinata in primis al pianoforte e al flauto, a rendere l’idea dello spessore compositivo dello Zamboni ancorato sia al clima dell’opera italiana sia all’influenza tedesca dai due esecutori che avevano inoltre affrontato il vivace percorso dello Scherzo della Danza di fauni e ninfe, in odor di mito, di Giulio Masini. Come parte intermedia la serata ha inoltre riservato la sorpresa di poter conoscere le doti compositive, collegate a una solida formazione musicale d’impostazione tedesca di fine Ottocento, del riscoperto Carlo Bersani, grazie alla collaborazione del Coro Enchiriadis, con fine musicalità diretto da Pia Zanca. Dal repertorio profano le voci soliste di Silvia Ravaglia e Margherita Pieri con il pianista Fabrizio Di Muro hanno interpretato l’elegia: Un sogno e la Romanza: Quando Cadran le foglie, entrambe per voce e pianoforte. Per il repertorio sacro lo spiegamento del coro da camera nella Messa a tre voci dispari; di Vittorina Bersani Rabuiti invece, morta nel 2014, il Mottetto a quattro voci In Monte Oliveti. 

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