Una riminese attraversa a nuoto lo stretto di Messina: "Odiavo nuotare, ho sconfitto la paura"

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Una riminese attraversa a nuoto lo stretto di Messina per vincere le proprie paure. L’impresa è stata compiuta il 3 agosto dopo il serrato allenamento durato un trimestre che non ha lasciato nulla al caso. «Non sono una sportiva professionista – precisa subito la 39enne Letizia Curcio – ed anzi lavoro dietro ad una scrivania, ma negli anni sono diventata anche mental coach. Perciò affronto i miei timori, prima di aiutare le persone a sciogliere i propri». Ed aggiunge: «Non nuotavo da un quarto di secolo. I genitori mi avevano iscritta in piscina in automatico, però io il nuoto lo odiavo. E con il tempo mi sentivo sempre più inadeguata, perché mentre i compagni passavano all’agonismo io restavo al palo. Così ho deciso di riscattare quella parte della mia storia». Perché non sentendosi brava, lo sforzo di macinare vasche la buttava giù psicologicamente, tant’è che da piccola comincia a temere che nascosti nell’azzurro «ci siano squali o chissà quali creature» pronte a ghermirla, mentre lei fatica a metter in fila le bracciate. Così in tre mesi spaccati Letizia si prefissa la sfida, sostenuta dal coach di cui è corsista ed affronta una paura sconfinata quasi nell’ossessione. Al suo fianco sceglie «l’istruttore migliore, Gianlorenzo Parmigiani, esperto anche di acque libere. Nonostante la prima volta io non riuscissi a fare 25 metri in piscina – ricorda – mi ha assicurato che ce l’avremmo fatta». Così scattano gli allenamenti 4 – 5 volte a settimana fra mare e piscina. L’obiettivo? «Dimostrare a me stessa che con le proprie angosce si può fare amicizia, divenendo anzi un esempio sul lavoro». Finché arriva la mattina fatidica. «Tutto era organizzato alla perfezione ed in sicurezza per i 16 partecipanti organizzati in squadre, – chiarisce – seguite da un’imbarcazione d’appoggio con altrettanti professionisti, anche medici, a bordo». Definirla una mattina indimenticabile è un eufemismo: sono 3,8 chilometri macinati in un’ora, mentre aleggia un’atmosfera irreale. «Intorno a noi non gravitava quasi nessuno – racconta – poiché erano stati stoppati o dirottati anche i traghetti che percorrono lo stretto. Ma il tifo si levava da chi monitorava la situazione. All’arrivo poi i bagnanti ci hanno accolto con grande calore». E Letizia riconosce: «Ad un certo punto la mia grande paura mi ha bussato sulla spalla e ho pensato che sotto a quel blu serpeggiassero i mostri dell’infanzia, ma è stato proprio quello l’istante in cui ho fatto vincere la mia scelta». Merito anche del sostegno ricevuto specie dal suo primo fan in assoluto. «È stato il mio ragazzo a crederci, anche più di me. All’inizio mi camminava accanto nell’acqua bassa per non lasciarmi sola ed è così che ho preso confidenza con il mare. Perché è quando non ci sentiamo soli che tutto diventa possibile». Ma Letizia non è nuova a questo tipo di imprese. Solo due anni fa ha scalato i 4.061 metri del Monte Paradiso. «Anche allora volevo che la bellezza avesse la meglio sul resto – spiega – ed ancora una volta il nodo era ciò che non si può controllare, né conoscere in partenza». Tornando alla traversata a nuoto, la giovane ricorda che, pur appoggiandola, il babbo le ha ripetuto fino all’ultimo di risalire subito in barca in caso di difficoltà. «Sentivo tutta la tenerezza di queste parole, ma sulla barca non sarei risalita neanche se m’avessero ripescata con le reti – conclude con un sorriso nella voce –. Era troppo importante il messaggio che volevo trasmettere. Come una bottiglia tra le onde. Perché se pensiamo di non avere né amore, né passione, è proprio allora che possiamo chiedere aiuto e iniziare a cercarle».

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