Artista faentino accoglie i profughi nella sua casa-museo

RAVENNA - Ironico ed estroso, Gian Franco Morini è conosciuto come uno degli artisti contemporanei faentini di maggiore valore. Dietro l’apparenza irriverente, dietro l’aspetto che non fa mai mancare un sigaro in bocca e il cappello in testa, si nasconde però un animo sensibile che potrebbe stupire solo chi non lo conosce bene. Che la disponibilità ad accogliere fosse uno dei suoi tratti distintivi, Morini lo aveva infatti già dimostrato rendendo la sua casa di campagna, e poi quella di città, spazi artistici aperti a tutti, dove andare per incontrarsi, parlare, ammirare le opere che lo compongono. Ma da circa due settimane, l’abitazione di via Borgo di San Rocco è diventata anche il luogo in cui hanno trovato rifugio alcuni profughi ucraini: «Si è occupata di tutto mia moglie Angie – spiega Morini –. Quando un’amica ci ha chiamati dicendo che alcuni profughi stavano scappando dai bombardamenti per raggiungere Faenza, dove lavora da 15 anni una loro conoscente, non ci abbiamo pensato due volte e abbiamo dato la nostra disponibilità». Ad arrivare, così, sono stati otto ucraini, specialmente donne e bambini: «All’inizio erano sotto choc, non parlavano e, anche per la lingua, era difficile interagire – racconta Angie Wiesner –. Ma adesso c’è più confidenza». «Una di loro, una bambina di 6 anni, la prima volta che mi ha visto è scappata – aggiunge Morini –. Ora invece mi saluta e dice “ciao”, la prima parola italiana che ha imparato. Si tratta di persone rispettose e riservate: io ho tanto spazio a disposizione, se posso dare una mano a chi fugge dalla guerra lo faccio volentieri».

L’accoglienza nei confronti dei profughi ucraini da parte delle famiglie è però solo di carattere transitorio: chi ospita, infatti, deve rivolgersi ai canali istituzionali per avviare tutte le procedure ufficiali, che dovrebbero portare all’individuazione di un alloggio convenzionato.

Una selva burocratica in cui, per molti, è difficile orientarsi, con il rischio che si scoraggi anche chi è animato dalle migliori intenzioni. Un esempio di tutto ciò sarebbe capitato proprio a cinque degli otto profughi che erano stati accolti da Morini e sua moglie. Quando il nucleo familiare, composto dai due genitori e i tre figli, si è recato in uno degli alberghi segnalati per la gestione dell’emergenza dal Comune di Riolo Terme, avrebbe infatti ricevuto un rifiuto alla reception: il problema, che non emerge dal racconto dei due coniugi ma è stato riportato da alcuni testimoni, sarebbe stato individuato nel cagnolino che la famiglia aveva portato con se. Eppure non mancano le circolari ufficiali, una emessa anche dalla Regione, in cui si precisa che gli animali domestici non vanno separati dai profughi. I cinque, ora, non sono più nella casa-museo di Morini: «Sono andati via – spiega Angie – ma non sappiamo dove. Ora in casa restano due donne e una bimba».

Il centro di accoglienza

Proprio presso un centro di accoglienza straordinaria a Riolo si sono recati ieri in visita ufficiale l’assessora regionale alla protezione civile, Irene Priolo, e il prefetto di Ravenna, Castrese De Rosa. Il centro, gestito dalla cooperativa sociale Nuove Accoglienze, ha una capienza di 85 posti e ospita già 73 persone, in prevalenza donne e bambini. Un modello che Priolo elogia come virtuoso: «Ho avuto modo di vedere di persona lo straordinario impegno che si sta mettendo in campo per accogliere e soccorrere le persone in fuga dalla guerra in Ucraina, a partire dalle donne e dai bambini – commenta -. Attività ben organizzate, segno che il modello di prima accoglienza predisposto in questa regione funziona. Voglio ringraziare tutte le persone coinvolte, dagli operatori ai volontari ucraini che si sono offerti come mediatori. C’è una grandissima solidarietà tra tutti, e questo non può che essere positivo».

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