"Arsenico e vecchi merletti" a Faenza e poi a Rimini

Archivio

Una comicità leggera, aggraziata, ma anche nera. Arriva “Arsenico e vecchi merletti” commedia dell’americano Joseph Kesserling che il cinema ha destinato a vasto successo con il film omonimo del 1944 di Frank Capra. Sul palco undici attori guidati da due signore della scena come Anna Maria Guarnieri e Marilù Prati, nel ruolo di deliziose zie assassine, con Leandro Amato in quello del nipote. La regia è di Geppy Gleijeses. Lo spettacolo affronta una settimana romagnola: dopo l’esordio a Cesenatico, da venerdì 11 a domenica 13 febbraio sale sul palco del Masini di Faenza; da martedì 15 a giovedì 17 febbraio chiude al Galli di Rimini. È un’occasione per il pubblico di godere di una commedia senza tempo, banco di prova per eccellenti attrici. Avviene che lo scrittore Mortimer torna a casa delle zie per raccontare del suo fresco matrimonio; scopre però che le due anziane “aiutano” gli inquilini in affitto a lasciare la vita con un sorriso, offrendo loro vino di sambuco corretto con arsenico.

Guarnieri e Prati sono attrici di spiccata personalità e modernità, segnate da lunga e fulgida carriera; la milanese Anna Maria Guarnieri debuttò nel 1954 in una carriera costellata di successi diretta da grandi, come Giorgio De Lullo e Franco Zeffirelli con cui fu anche al Bonci di Cesena in “Romeo e Giulietta” nel 1966, teatro dove è tornata fino al 2004, quando interpretò Prospero in una “spiazzante” “Tempesta” di Antonio Latella. La napoletana Marilù Prati (al secolo Maria Luisa Gleijeses), sorella del regista.

Lei Marilù è la terza Abby in “Arsenico”, dopo Giulia Lazzarini e Rosalina Neri.

«È così, sono subentrata a novembre, dopo soli 3 giorni di prove, chiamata dal regista, mio fratello. Ho trovato un bel cast, attori bravi e la grande Anna Maria Guarnieri, persona speciale. La mia parte è molto divertente, è colei che tiene le redini degli omicidi. I personaggi delle zie e di Mortimer sono disegnati in modo perfetto, naturalmente bisogna creare il personaggio, e in questo occorre anche l’intelligenza scenica. Mi piace molto lo humour nero di Arsenico, ci sono portata».

In realtà lei ha cominciato con l’avanguardia teatrale, fra grandi incontri.

«Già, mi trasferii a Roma ragazzina alla fine dei Sessanta, e incontrai un maestro come Mario Ricci del Teatro Immagine, rappresentava l’avanguardia romana, quella vera; poi l’incontro con Carlo Cecchi e quello con Elsa Morante; fondammo la cooperativa Il Gran Teatro, c’era anche il riminese Paolo Graziosi. Eravamo il gruppo giovane di amici di Elsa, ci incontravamo a piazza Navona, mangiavamo assieme, è stata una scuola di vita. Elsa era simpatica e straordinaria, praticamente aveva la nostra testa, nel senso di spirito rivoluzionario; il suo “Mondo salvato dai ragazzini” è un manifesto di quel periodo».

Poi è arrivato Eduardo De Filippo.

«Fu nel 1973, mi fece debuttare nella sua ultima commedia “Gli esami non finiscono mai”. Facemmo poi un ciclo televisivo di suoi lavori, e mi affidò il ruolo di protagonista in “Santarella”. Un’altra scuola di vita la sua, per me anche un padre amorevole. Poi ebbi l’esperienza straordinaria con Luca Ronconi; nel 1975, con la colossale “Utopia”, debuttammo alla Biennale di Venezia e da lì in giro per l’Italia e l’Europa. Eravamo una trentina di attori, con tanto di aereo in scena. Incredibile».

Fino all’incontro con Renato Nicolini l’inventore dell’“Estate Romana”.

«Con Renato, che fu mio compagno nei suoi ultimi dieci anni di vita, feci un’esperienza decennale e innovativa a Reggio Calabria in un progetto di Laboratorio teatrale universitario. Il critico d’arte Carlo Argan quando fu sindaco di Roma, investì Renato del ruolo di assessore alla Cultura, e davvero Roma visse i suoi anni d’oro nella cultura. Oggi porto in scena testi miei; riprenderò con Caterina Casini il mio spettacolo su Palma Bucarelli, direttrice-fondatrice della Galleria nazionale d’arte moderna a Roma».

Info: 0547 79274

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui