Rimini. Sale sulla soffitta della nonna e trova la cassa da marinaio del trisavolo dell’Ottocento VIDEO GALLERY

Una cassa da marinaio che unisce sei generazioni e racconta una vita di un secolo e mezzo fa. Un tesoro di storia e di emozioni, patrimonio di una famiglia che ha incrociato la vita quasi sempre col mare. Miro Mini, 53 anni, skipper, velaio e titolare di un negozio di nautica sul porto di Rimini, un paio di settimane fa è rimasto a bocca aperta, stupito e meravigliato. La nonna materna è morta un anno e mezzo fa e oggi la famiglia ha deciso di vendere la casa. Miro ha aperto una botola ed è salito in una soffitta per vedere se ci fosse qualcosa da conservare. Così, fra bauli, strumenti da contadini e persino una bella carriola giocattolo in legno, è affiorata una vecchia cassa. «Anni fa», racconta, «ho frequentato dei corsi di archeologia navale perché volevo restaurare la barca del nonno (la lancetta Giannina). Così quando ho visto quella cassa, con le maniglie in corda, ho capito subito che si trattava di una di quelle dentro le quali i marinai mettevano tutta la loro vita. Mi è venuto il batticuore perché è come un tesoro. Sopra c’era un sacco di iuta. L’ho tirata fuori e sollevata con cautela perché non volevo rompere le maniglie e l’ho aperta».

Strumenti del passato

Dentro c’erano degli altri sacchi di iuta. Sotto il coperchio tre santini incorniciati: San Francesco di Paola e due madonne. «Una è la Madonna di Pesaro», aggiunge Mini, che è originario di Gabicce ma vive e lavora a Rimini. «Spesso i marinai aprivano la cassa e pregavano. Le cornici le facevano nei tempi morti, per esempio quando restavano fermi nei porti per il maltempo».

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Cos’altro è stato trovato? «Un compasso, uno strumento di misura delle lunghezze», elenca Mini, «quello che forse è un portasigaro in legno, una stoppa con un pezzo di zolfo che ho scoperto dopo come venisse usato come cura per sfiammare le parti del corpo, altri attrezzi tipo punteruoli ma lunghi e piatti, avvolti nella copertina di un breviario per imparare a leggere e scrivere, una specie di fermabanconote... Poi ancora delle posate avvolte in una vecchia rivista». Sul fondo, una foto rovesciata e un grosso foglio di carta. La prima ritrae un gruppo di lavoratori davanti al cantiere di una casa. Il secondo è forse la cosa più preziosa insieme al baule. «Si tratta del foglio di congedo del mio trisavolo: Patrignani Mauro Enrico Giuseppe», spiega lo skipper. «C’è scritto che è nato il 16 dicembre del 1858, quando ancora non c’era stata l’Unità d’Italia. C’è scritto che ha fatto tre anni di leva militare nell’Armata di mare del Regno d’Italia, dal 1879 al 1882, e che non sapeva né leggere né scrivere. La firma del congedo è del 22 ottobre, a La Spezia. Poi c’è anche la vidimazione a Rimini».

Sui trabaccoli

Miro ha anche trovato la tomba di famiglia a Fiorenzuola di Focara (il bellissimo borgo a picco sul mare fra Cattolica e Pesaro) dove sono seppelliti Mauro, la moglie e i figli (che poi sarebbero i suoi bisnonni). Dopo il congedo il trisavolo ha proseguito la vita di mare stavolta sui trabaccoli commerciali che facevano la spola da una sponda all’altra dell’Adriatico. «Mia nonna», ricorda Miro, «quando mangiavo e restava qualcosa nel piatto, mi diceva spesso in dialetto: “Finisci di mangiare quello che c’è che domani siamo a Zara... ma poi arriva la bora e a Zara non arriviamo”. Forse erano ricordi del suo nonno».

E adesso? «Adesso la cassa l’ho portata a casa mia. Me la “coccolo”... Voglio conservarla nel modo migliore, usarla come uno scrigno dei ricordi con le mie foto, e un domani lasciarla a mio figlio. Ma voglio anche contattare qualche esperto per capire meglio cosa sono gli attrezzi trovati dentro e a chi potevano appartenere».

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