GORO: Chi l’ha detto che le ostriche francesi sono migliori di quelle italiane? A Goro da quasi da dieci è attiva una realtà che ha portato alla produzione di tre tipologie molto apprezzate dagli intenditori: S. Antonio, Black e Golden. All’origine del progetto c’è il biologo e ricercatore Edoardo Turolla, vice presidente dell’Istituto Delta.

Turolla, quando è partito tutto?

«Negli Anni Novanta gli allevatori di cozze mi dicevano di trovare nei filari alcune ostriche e che messe dentro dei contenitori improvvisati riuscivano a crescere bene. Studiai il fenomeno con l’Università di Ferrara. Si fecero valutazioni di tipo tecnico ed economico e alla fine scoprimmo che dal punto di vista economico l’ostacolo era dovuto alla difficoltà di trovare un contenitore adatto. Riuscimmo però a progettarlo e brevettarlo. Si chiama Ostriga. Era il 1996».

Si partì però solo nel 2014? Come mai?

«Per chi è già organizzato con le vongole e le cozze non è semplice occuparsi anche di un terzo prodotto che richiede attenzioni e sistemi diversi. Oggi comunque in mare aperto davanti a Goro abbiamo quattro impianti. Ci lavorano 8-10 persone e si producono 250 quintali l’anno».

Quali sono le potenzialità di questo prodotto?

«Sono enormi. Oggi in Italia si vendono 10mila tonnellate di ostriche e il 95% sono importate da Francia, Olanda, Irlanda, Spagna. Il trend è in crescita. C’è un forte aumento di consumo determinato dai giovani. In alcune città sono persino sorte delle ostricherie».

Quali differenze di qualità ci sono fra le nostre e le francesi?

«Intanto va detto che il prezzo delle ostriche varia tantissimo a seconda della qualità: ci possono essere ostriche da un euro al chilo o da 50 euro al chilo. Le ostriche che arrivano dalla Francia sul nostro mercato non sono di altissima qualità tanto è vero che costano meno delle nostre».

Il nostro prodotto si vende in Italia. C’è la possibilità che si possa un giorno produrre anche per l’export?

«In prospettiva sì ma ci vorrà del tempo, specie in termini di marketing. Non dimentichiamo che in Italia a fine Ottocento c’era una produzione di ostriche specie nel Golfo della Spezia e in quello di Trieste, che poi è sparita. Ma oggi oltre Goro ci sono altre realtà in Italia (sono una ventina) che sono partite. Fra i vari aspetti positivi c’è anche quello che l’ostrica cattura CO2 e non la rilascia».

I produttori chiedono di abbassare l’Iva dal 22 al 10 per cento. Perché?

«Negli altri paesi si oscilla fra il 6 e il 10%. E non si capisce perché in Italia debba essere considerato bene di lusso, unico insieme all’aragosta fra i prodotti del mare».

Ci sono altri progetti nuovi?

«Uno studio recente sui nostri territori ha dimostrato che almeno per alcune fasi della vita si possono fare allevamenti anche nella laguna. Ciò comporterebbe una riduzione dei costi».

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