Vino per vocazione Tenuta la Riva, una storia bolognese

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C’è qualcosa in queste morbide colline che congiungono la provincia di Bologna a quella di Modena, qualcosa di impalpabile ma profondo, voluttuoso e misterico, che riconduce a quella matrice che talvolta, nei casi più fortunati, ci piace chiamare “vocazione” e che qui induce, obbliga quasi, ad una sosta. È colpa, forse, dei complessi rilievi calcarei ribattezzati ‘calanchi’, che disegnano i pendii delle colline e avvolgono il comune di Valsamoggia in generale, Castello di Serravalle in particolare, trasformandoli in un anfiteatro naturale. Terreni a prevalenza argilloso-marnacea, dotati tuttavia di abbondante fertilità, che qui, a Tenuta la Riva, sfociano in un suolo soprattutto limoso-ghiaioso. E forse, questa, è una parte del mistero.

La storia

La storia di Tenuta la Riva inizia quando Alberto Zini, che di mestiere fa, con successo, l’impiantista elettrico da ormai 30 anni, decide di acquistare il complesso all’asta, senza immaginare che i recessi delle cantine contengono impianti modernissimi e l’occorrente per mettersi a fare il “mestiere del vino”. È accompagnato fin da subito, in qualità di responsabile enologico, dall’amico Alessandro Striano, purtroppo scomparso prematuramente nel 2019, ma soprattutto da una passione che, come i corsi d’acqua, trova sempre la maniera per risalire alla superficie. Erano infatti agricoltori-viticoltori sia il papà che il nonno, e c’è, in quella connessione viscerale, un che di predestinazione. Alberto ha una grande passione per gli spumantizzati, «è quello che mi ha portato a voler fare vino» dice, ma soprattutto si accorge fin da subito che la collocazione della neonata Tenuta la Riva è singolarmente promettente. Due corpi aziendali, per i 25 ettari totali, di cui 14 vitati, uno nei dintorni della nuova, splendida ‘clubhouse’, inaugurata nel 2018, a circa 170 metri slm, con riporto fertile di circa un metro, suolo ghiaioso e coltivata soprattutto a bianchi, quindi Grechetto Gentile, Sauvignon, Chardonnay, Trebbiano Modenese e Moscato Giallo, l’altra a 300 metri circa, con suolo limoso, dove sono allevati i rossi, ossia Barbera, Merlot e Cabernet Sauvignon. Piante anche agée, anzi, la filosofia produttiva – in campagna viene praticata agricoltura biologica certificata, con allevamenti integralmente convertiti a guyot – è improntata alla commistione di materia prima egregia, proveniente da vigne nuove e vecchie. Escursioni termiche ragguardevoli, anche fino a 15 gradi, permettono di ottenere uva dotata di elevata acidità e ottimi pH, ma è pulito ed insieme estroso anche il lavoro svolto in cantina, dove le competenze impiantistiche di Alberto si traducono in una dotazione infrastrutturale (ora a completa disposizione della raffinatissima “mano” di un grande enologo come Attilio Pagli) di grande valore, compresa di diraspatrice, pressa a polmone, linea completa di imbottigliamento/etichettatura e macchinario (rarissimo!) per automatizzare la sboccatura à la volée. «È un lavoro di sacrificio, questo – dice ancora –, ma essere qui mi rende davvero felice».

La degustazione

Eppure, ancora, c’è qualcosa che sfugge, perché la prova degli assaggi, sempre decisiva, è spiazzante. Qui si corrono rischi, si sperimenta, si covano ambizioni: ecco che il mio istinto, che ha riconosciuto in Alberto un’anima divorata dalla curiosità, non sbagliava. I rifermentati sono eccellenti, i Metodi Classici di pulizia cristallina. Eppure c’è qualcosa di più, di non convenzionale, un rispetto istintivo per il processo conficcato tanto profondamente nel Dna da risultare indistinguibile dalla persona stessa. E allora vinificazioni in acciaio a temperatura controllata, bianchi croccanti, tesi, che non svolgono malolattica ma che sono compiutamente territoriali, moderatamente varietali e impeccabili, rossi con lunghe macerazioni e rimontaggi che rendono l’impatto olfattivo-gustativo deflagrante, una batteria di etichette, forse, (è l’unica critica) troppo ampia, ma che cerca di raccontare, riuscendoci pienamente, una vocazione cospicua, dal futuro indubbiamente radioso.

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