"Uominiuomini": a Cattolica la mostra di Marco Morosini

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Uominiuomini, è il titolo della antologica cattolichina che inaugura domani e prosegue fino al primo ottobre, organizzata per festeggiare i primi 25 anni di attività del creativo Marco Morosini (1972), grafico e fotografo. L’esposizione è composta da oltre 50 opere, la maggior parte delle quali inedite e mai esposte sinora, appartenenti al ciclo pittorico e scultoreo uominiuomini esposte nella sede della Galleria Santa Croce e da una selezione di opere del ciclo Stones in dialogo con i beni e i reperti archeologici e della storia marinara della città al Museo della Regina, proprio in occasione e a celebrazione del MystFest, 50° Gran Giallo città di Cattolica.

Uominiuomini, sono posti di profilo, uno dietro l’altro, con le mani in tasca, sono individui che avanzano nella direzione di una «meta che non conosciamo, e che non ci viene mai svelata. Eppure, sappiamo che stanno andando “lì”: stanno seguendo la loro via. Una storia misteriosa eppure nota: la storia di tutti noi. Una storia narrata per immagini che un artista poliedrico e coerente, Marco Morosini, sta scrivendo», afferma Ilaria Bignotti nel catalogo della mostra edito per l’occasione dalla Galleria Zamagni Arte di Rimini che rappresenta l’artista e sostiene l’iniziativa.

Come degli investigatori, degli scopritori di terre lontane, di nuove lande da esplorare, gli uominiuomini di Morosini si addentrano nella vita quotidiana, come proiezioni di sé. Silhouette che di primo acchito potrebbero apparirci degli automi, privi di personalità, quasi manipolati dall’alto, dall’altro, invece dopo tanto peregrinare escono vittoriosi dal labirinto, alla ricerca di loro stessi, avvolti dal mistero, talvolta in una solitudine dai tratti spaesanti. Questi individui esemplari dell’umano, diventano stickers, grafiche, neon, escono ed esplorano, appunto i vari formati e le varie tecniche artistiche, per uscire quasi da sé, andare alla investigazione del mondo interiore ed esteriore, creando una comunione con l’altro, una condivisione emotiva, che abbassa le difese, le distanze, degli abissi più inesplorati dell’animo umano. E la lingua che l’artista parla diviene sempre più chiara. Questi uominiuomini camminano, si proiettano all’infinito, diventano simboli, l’occhio vigile finalmente vede e l’orecchio rizzato sente, uscendo dal buio, dal silenzio per scoprire empaticamente il verbo. «Pur nel rigore della composizione, nella riduzione cromatica delle immagini, nella elaborazione esatta e perfetta con le quali Morosini costruisce le sue opere, è sempre presente un approccio fenomenologico, un tentativo di interpretare l’accadimento dell’uomo nel suo singolo e unico esistere – scrive Bignotti –. Per questo, il colore, le poche forme geometriche solide e piane, i campi e le campiture delle sue opere, contestano ogni idea aprioristicamente data, ogni rigorosa direzione, e continuano, vivi, a brulicare come accadimenti possibili davanti ai nostri occhi: colmi di quel mistero che è la vita, e che l’opera, quando lo sa cogliere, ne diventa medium trascendentale».

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