Un’ondata devastante e la fine della moratoria per i finanziamenti

Aumento dei costi delle materie prime, aumento del prezzo dell’energia, difficoltà nel reperimento del personale e virus tornato a crescere. Sono questi i problemi che il 2021 ha portato in dote al settore dell’artigianato romagnolo. Problemi che ora si trasformano in sfide per l’anno appena iniziato, con l’obiettivo di riuscire a trovare una soluzione almeno per i primi tre, dato che la proliferazione del virus, sotto tanti aspetti, esula da quelle che possono essere scelte di natura economica o politica. Tuttavia, proprio la nuova ondata di Omicron di questo inizio anno si sta mostrando sotto diversi punti di vista devastante, perché le stime delle associazioni di categoria romagnole parlano di defezioni sul posto di lavoro che vanno dal 10 al 20% del personale. Numeri che, se per i grandi possono essere ancora gestibili, per un piccolo significano spesso il caos. «Questo 2022 – dice Davide Ortalli, direttore della Cna di Rimini – si doveva aprire con l’obiettivo di tornare a parlare di certezze. Purtroppo, però, quanto stiamo vedendo fino ad ora ci dice l’esatto contrario». «Le difficoltà più grandi – aggiunge Emanuela Bacchilega, presidente di Confartigianato Ravenna – rischiano di averla le ditte individuali artigiane, poiché stanno andando incontro a un doppio danno: la chiusura causa Covid e il mancato incasso. Lo Stato dovrebbe prevedere dei ristori per queste posizioni».
Maggiori spese
Il primo capitolo che tocca il mondo dell’artigianato romagnolo, in questo inizio anno, ha un titolo preciso: aumento delle spese, tra cui svetta la fine del periodo di moratoria per il pagamento dei finanziamenti contratti nel 2020. Le agevolazioni messe sul piatto dall’allora Governo, con garanzie statali al 100% per prestiti sotto i 30mila euro e ampie coperture anche per finanziamenti più elevati, ha portato tanti artigiani a bussare alla porta degli istituti di credito (in Emilia Romagna sono stati erogati quasi 22,3 miliardi di euro di prestiti, di cui poco più di 2 miliardi sotto quota 30mila euro), ma ora i nodi stanno venendo al pettine e gli imprenditori dovranno iniziare a mettere mano al portafoglio, per pagare le quote capitale dei prestiti ottenuti. «È un aspetto non irrilevante – ammette Ortalli – perché, se sommato ai costi che aumentano, rischia di generare un effetto crisi di liquidità in questo avvio di nuovo anno».Venendo al tema dei rincari sul gas, i costi sono passati da 82 a 280 euro per un megawatt/ora, mentre quelli delle materie prime sono cresciuti dal 30 al 100% in un solo anno. «Questo impedisce di fare anche solo una minima programmazione per il futuro – spiega Bacchilega di Confartigianato – e il motivo è che la volatilità è talmente elevata, che i fornitori nei loro prezzerai ormai aggiungono la dicitura “passibile di mutamenti”». «L’unica nostra fortuna – interviene nuovamente il direttore di Cna Rimini – è che il Made in Italy continua ad essere un marchio tra i più richiesti e questo speriamo che possa supportarci nel mantenere la nostra competitività, specialmente sui settori cibo e moda».